Teatrino politico
Il sequel grottesco delle inverosimili sceneggiate tra allevatori di polli
(Locations abituali: Presidenza della Repubblica, Parlamento, Governo, Radio-Tv, Giornali, Centri di potere) 
 
 
 & 
NO alla “patrimoniale”: pagherebbero i soliti e non i ricchi!
Il patrimonio di una persona, quando è lecitamente accumulato, è frutto del risparmio investito. La mattina del 10 luglio 1992 gli Italiani (ma non tutti come vedremo) scoprirono al loro risveglio che una quota del loro patrimonio era stata espropriata dallo Stato.
L’imposta patrimoniale, a differenza di altre imposte che riducono il guadagno, si prende una porzione del risparmio, che magari era stato il frutto di tante rinunce passate e presenti e che già era stato tassato, in quanto reddito, nel momento in cui era stato prodotto. In quell’anno [1992] l’allora Presidente del Consiglio Amato decise di portarsi via un pezzettino di depositi bancari ed un pezzettino di immobili. Magari la quota era piccola, ma era pur sempre non una parte del reddito prodotto, ma una porzione di proprietà individuale, il sei per mille dei depositi bancari ed il tre per mille del valore catastale rivalutato degli immobili. Doveva essere un prelievo una tantum, ma per gli immobili divenne ICI ed in certi casi la stiamo pagando ancora oggi.
Ancora oggi qualcuno torna a proporre l'ipotesi di una patrimoniale nella convinzione, errata o puramente ideologica, che la patrimoniale sia una imposta che colpisce i ricchi.
Qualche comunista viscerale vecchio o nuovo esultò allora e torna ad esultare anche oggi partendo dal principio che “la proprietà è un furto”. Pensate che nel novembre del '76 Pci e Psi tennero un'apposita riunione congiunta per mettere a punto e proporre l'imposta sui patrimoni immobiliari. Nelle due delegazioni figuravano personalità di spicco come Giorgio Napolitano, Giuseppe D'Alema (padre di Massimo), Luigi Spaventa, Fabrizio Cicchitto (ah! ah! ah! ) e Nerio Nesi. In realtà è facilmente dimostrabile che anche allora a pagare furono sempre i soliti ed in particolare il ceto medio produttivo. Non pagarono nulla quelli che avevano portato i soldi all’estero, non pagarono nulla quelli che li avevano investito in attività finanziarie (che oltre a tutto non sono di fatto neppure tassati sul reddito che queste producono). Così a pagare furono i lavoratori, i pensionati, i piccoli imprenditori ed artigiani, le famiglie che spesso avevano il conto corrente come unica forma di investimento dei loro risparmi. E poiché l’80% degli Italiani vive in casa di proprietà, pagarono coloro che, spesso a prezzo di grandi sacrifici, ne avevano comprata una, magari piccola e modesta. Costoro in molti casi pagarono pur essendosi indebitati per acquistarla. Mentre le società pagarono solo sulla differenza tra attivo e passivo. I veri ricchi i depositi li avevano all’estero e così le case, ed anche molti immobili esistenti in Italia non risultavano censiti al catasto e così non pagarono. Per giudicare quella manovra economica basti dire che essa previde uno dei tanti condoni fiscali della nostra storia.
Oggi è di nuovo Amato che per primo ha proposto addirittura “una patrimoniale da 30 mila euro” da prelevare ad un terzo degli Italiani, per abbattere il debito pubblico. Ma su quali basi, se lo stesso Ministero dell’Economia calcola che vi siano almeno 2 milioni di immobili che sfuggono al Catasto e dei quali dunque non si conosce il proprietario? Proposte più o meno similari sono arrivate da altri personaggi più o meno autorevoli: da economisti come Giancarlo Padoan dell'Ocse, Pellegrino Capaldo, Massimo Muchetti, da industriali come Luigi Abete presidente dell'Assonime, Innocenzo Cipoletta, da sindacalisti come la leader della Cgil Susanna Camusso, da politici come Valter Veltroni, Pietro Ichino e Romano Prodi.
Noi pensiamo che, per le condizioni in cui si trova il nostro Paese, la patrimoniale sarebbe ancora una volta pagata dai soliti noti e quindi diciamo no
L’abbattimento del debito pubblico va realizzato attraverso la crescita dell’economia, e cioè con la riduzione delle tasse alle famiglie ed alle imprese, riducendo le spese inutili e gli sprechi (con l’abolizione delle province, il blocco delle auto blu, l’obbligo dei piccoli comuni di consorziarsi per la gestione di tutti i servizi, il dimezzamento dei parlamentari e dei consiglieri regionali e l’abolizione del loro vitalizio, lo scioglimento dei consigli di amministrazione delle oltre sei mila società pubbliche degli enti locali, la vendita dei beni dello Stato e delle società dello Stato) ed avviando profonde riforme nel senso della liberalizzazione di molti servizi ed attività professionali riservate e della semplificazione delle procedure amministrative che pesano finanziariamente sulle imprese. L’abbattimento del debito pubblico va conseguito attraverso la progressiva eliminazione dell’economia “nera” (con la lotta agli evasori) e dunque facendo pagare a tutti le tasse sul reddito e facendole finalmente pagare anche alle plusvalenze finanziarie, che oggi, se pagano, pagano al massimo il 12,5%. Le proprietà individuali, insieme al possesso ed alle spese per beni di lusso, usiamole come indicatori per dedurre un reddito (redditometro) sul quale far pagare le tasse a chi non le paga e che sfuggirebbe anche alla “patrimoniale” (1).
 
Antonio Borghesi e Massimo Donadi

(1) Ma una amministrazione pubblica che non vede 2 milioni di immobili sarà capace di rilevare elementi utili per il redditometro da scontrini facilissimi da omettere?!?

 
L'opinione di Hominibus
 
Il deputato Antonio Borghesi ed il deputato Massimo Donadi,
accreditati esponenti di Italia dei Valori, sono l'esplicita dimostrazione
della generale scarsa capacità di corretta copertura della spesa pubblica,
malgrado ne abbiano somma responsabilità, con un sistema fiscale
 che realizzi la giusta ripartizione degli oneri tra tutti i cittadini.
 
L'approccio congiunto all'ipotesi di una imposta patrimoniale
é rozzo e denuncia una inadeguatezza criminale se si considerasse
con la necessaria attenzione la conseguenza tragica nel destino dei molti
che si vedono privati di sacrosanti diritti a causa della sprovvedutezza
di simili improvvisati legislatori, senza la richiesta formazione.
 
A parziale discolpa si può solo addurre lo storico andazzo
della legislazione in materia fiscale, da cui se ne può uscire solo se si
ha la dabbenaggine di fare tabula rasa di tutte le norme vigenti in materia
con lo scopo di eliminare tutti i difetti finora denunciati e mai superati
come la sperequazione, l'evasione, l'elusione, l'inefficienza.
 
La soluzione sta nel ripetere per l'amministrazione pubblica
le semplici norme che si usano nell'amministrazione condominiale
per la copertura delle spese indivisibili, archiviando imposte incongrue
con il dettato costituzionale (art..53), come l'Irpef, l'Iva ed equivalenti,
da sostituire con l'elementare, sicura imposta patrimoniale.
 
Ne consegue che lo Stato decide di volgere la attenzione
solo sui beni mobili, immobili, civili, religiosi, commerciali, industriali
censiti nel territorio nazionale, escludendo le forme di ricchezze finanziarie
che potranno circolare liberamente, consentendo il varco dei confini
e confidando in distretti competitivi per attrarre investimenti.
 
Quindi, l'imposta patrimoniale farebbe il miracolo richiesto,
sostituendo il pasticciato sistema fiscale con una norma risolutiva.
facile, sicura, economica, equa, cristallina, automatica, pacifica, definitiva,
libera dall'arbitrio politico perché l'aliquota sarebbe definita solo dal
rapporto tra la spesa da sostenere e la ricchezza imponibile.
 
Roma, 7 Febbraio 2011
Hominibus
Movimento di opinione per la costruzione di una società onesta,
che riconosca finalmente i diritti della maggioranza delle popolazioni mondiali,
vessate da politiche vergognosamente favorevoli alle classi benestanti, sempre peggio rappresentate.