Teatrino politico
Il sequel grottesco delle inverosimili sceneggiate tra allevatori di polli
(Locations abituali: Presidenza della Repubblica, Parlamento, Governo, Radio-Tv, Giornali, Centri di potere)
 
Il triste lungo incompleto elenco dei 'boosters' che hanno consentito l'irresistibile ascesa dell impresario

Da esplicativi documenti inviati dall'On. Antonio Borghesi ed altri:

Il caso Brancher, neo Ministro per l’attuazione del federalismo, sicuramente non è l’ultimo della serie.
Berlusconi non dimentica chi lo ha salvato dalla galera. Sono parecchi e a quasi tutti ha garantito un futuro sicuro aiutandoli a sfuggire alla giustizia.
 
I salvatori di Berlusconi    
Il caso Brancher, neo Ministro per l’attuazione del federalismo, è l’ultimo della serie. Berlusconi non dimentica chi lo ha salvato dalla galera. Sono parecchi e a quasi tutti ha garantito un futuro sicuro aiutandoli a sfuggire alla giustizia.
Ve ne elenco alcuni, cominciando proprio dal neo ministro:
Aldo Brancher:
Diviene collaboratore di Fedele Confalonieri e manager di Publitalia, la concessionaria di pubblicità della Fininvest. Nel 1993 viene arrestato da Antonio Di Pietro per tangenti (300 milioni al ministro della Sanità Francesco De Lorenzo, per la pubblicità contro l'Aids assegnata dal ministero alle reti Fininvest). E’ ribattezzato "il Greganti della Fininvest" perché in cella non apre bocca, non racconta i segreti delle tangenti Fininvest. E' condannato (in appello) a 2 anni e 8 mesi per falso in bilancio e violazione della legge sul finanziamento ai partiti. In Cassazione scompare il falso in bilancio, depenalizzato dal governo di cui faceva parte; mentre il finanziamento va in prescrizione. Per la sua fedeltà aziendale fu comunque premiato: diviene responsabile di Forza Italia nel Nord e poi, nel 2001, candidato alla Camera in Veneto, eletto, nominato da Berlusconi sottosegretario alle Riforme e alla devoluzione. Rieletto nel 2006 e nel 2008, quando viene nominato da Berlusconi Sottosegretario e poi Ministro, per sottrarlo al giudizio, grazie al “legittimo impedimento”. E’ infatti indagato a Milano per ricettazione nell’indagine sullo scandalo della Banca Antonveneta e la scalata di Gianpiero Fiorani all’istituto creditizio: la Procura ha rintracciato, presso la Banca Popolare di Lodi, un conto intestato alla moglie di Brancher con un affidamento e una plusvalenza sicura di 300mila euro in due anni. Avrebbe dovuto comparire davanti a giudici il 26 giugno, ma sicuramente inventerà qualche “legittimo impegno”.
Massimo Maria Berruti:
Da ufficiale della Guardia di finanza, nel 1979 ebbe la sorte di interrogare un giovane imprenditore emergente di nomeSilvio Berlusconi, a proposito della confusa situazione proprietaria e finanziaria della sua società Edilnord. Berlusconi rispose che della Edilnord era soltanto un "semplice consulente". Berruti, nel suo rapporto conclusivo, prese per buona la versione di Berlusconi, permettendo così l'archiviazione dell'accertamento valutario che ipotizzava la dipendenza della Edilnord da società estere. Poi si dimise dalla Guardia di finanza e andò a lavorare per Berlusconi. Prima delle dimissioni, però, fece in tempo a essere arrestato con l'accusa di corruzione nell'ambito dell'inchiesta per lo scandalo Icomec, una storia di tangenti che scoppiò prima di Mani pulite (al processo fu assolto). Da consulente Fininvest, è stato di nuovo arrestato, nel 1994, per favoreggiamento a Berlusconi nell'inchiesta sulle tangenti alla Guardia di finanza. Condannato in primo grado (10 mesi) e in appello (8 mesi). Sentenza definitiva, con condanna confermata dalla Cassazione. Ora è libero in Parlamento, alla Camera.

Sciascia Salvatore:
Condannato definitivamente a 2 anni e 6 mesi per aver corrotto, nella sua qualità di manager Fininvest (capo dei servizi fiscali del gruppo Berlusconi), alcuni ufficiali e sottufficiali della Guardia di finanza affinchè ammorbidissero le verifiche fiscali. L’inchiesta è quella aperta dal pool Mani Pulite nella primavera del 1994, in seguito alle confessioni di alcuni finanzieri a proposito di quattro tangenti da circa 100 milioni di lire ciascuna pagate dal gruppo Fininvest perché chiudessero gli occhi nei blitz tributari nelle società Mediolanum, Mondadori ed Edilnord. Ora è libero in Parlamento, alla Camera.
Messina Alfredo :
Storico dirigente Fininvest e Mediaset, vicepresidente di Mediolanum, sotto inchiesta a Milano (la Procura ha da poco depositato gli atti a fine indagini) per favoreggiamento nella bancarotta fraudolenta dell’Hdc del sondaggista del Cavaliere, Luigi Crespi. Nel 2004 Crespi chiede a Mediaset di restituirgli 500 mila euro da lui anticipati a Telelombardia e Antenna3 per “risarcirli” del danno subìto dalla fornitura di programmi a Italia 7 Gold da parte di Mediaset. La richiesta, tramite Deborah Bergamini (altra ex dirigente Mediaset oggi parlamentare), viene inoltrata a Messina, che prende appuntamento per il 17 luglio con Paolo Del Bue, presidente della Arner Bank luganese, a cui chiede di “prepararmi una di quelle cose”. Cioè, verosimilmente, i contanti. Perché parte della somma – secondo la Guardia di Finanza - dev’essere versata a Crespi in contanti a Lugano e in nero da Messina e dal suo avvocato, Giorgio Perroni. Il giorno della prevista trasferta in Svizzera, il 16 luglio 2004, gli investigatori milanesi – che intercettano i protagonisti – si preparano a pedinarli a distanza. Messina va a prendere Perroni a Roma, dove incontra anche l’avvocato del Cavaliere, Niccolò Ghedini. Poi però, mentre è già in viaggio verso Fiumicino, riceve una telefonata da Palazzo Chigi: è Valentino Valentini, capo della segreteria del premier Berlusconi. Che lo richiama indietro per “un documento da consegnare”. Messina torna indietro e subito disdice l’appuntamento con Del Bue. Qualcuno, evidentemente, ha fatto una soffiata sul pedinamento in corso. E la consegna “salta”. Ora è libero in Parlamento, al Senato.
Dell’Utri Marcello:
Condannato definitivamente a Torino a 2 anni e 3 mesi per false fatture e frodi fiscali nella gestione di Publitalia (reato per cui fu arrestato per 18 giorni nel maggio 1995 e poi patteggiò la pena in Cassazione); condannato in primo grado e in appello a Milano a 2 anni per tentata estorsione mafiosa insieme al boss trapanese Vicenzo Virga ai danni dell’imprenditore Vincenzo Garraffa; condannato in primo grado a Palermo a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa; salvato dall’immunità parlamentare dalla richiesta di arresto avanzata nel 1999 dai giudici di Palermo in un processo per calunnia aggravata contro alcuni pentiti (processo chiuso in primo grado con l’assoluzione e ora in fase di appello). Ora è libero in Parlamento, al Senato.
Comincioli Romano:
 Imputato per le false fatture e i bilanci truccati di Publitalia, insieme a Dell’Utri e altri, chiede di patteggiare 1 anno e 8 mesi, ottiene il consenso del pm, ma nel 1995 il Tribunale ritiene troppo bassa la pena concordata e preferisce processarlo: mossa incauta, visto che poi la Cdl, anche col suo voto, abroga di fatto il falso in bilancio, riducendo le pene al lumicino e abbreviando le scadenze della prescrizione. Nel febbraio 2008, alla vigilia della fine della legislatura, la giunta per le autorizzazioni a procedere del Senato respinge al mittente la richiesta di autorizzazione (inoltrata dal gip di Milano Clementina Forleo) a usare le sue telefonate intercettate con l’amicoStefano Ricucci a proposito della scalata al «Corriere della Sera». E’ libero in Parlamento, al Senato.
Previti Cesare.
Avvocato personale di Silvio Berlusconi, ha ereditato l'incarico professionale dal padre, che aiutò il giovane Silvio a fondare la Fininvest, in un turbine di strane società svizzere e di anonime fiduciarie. è dunque uno dei consulenti che conoscono i segreti delle origini di Berlusconi. Si trova al centro di un numero crescente di vicende giudiziarie relative a illeciti commessi in qualità di avvocato di Fininvest. Il 4 maggio 2006 la Cassazione esprime il verdetto definitivo, condannando Previti a 6 anni di detenzione per l'accusa di corruzione in atti giudiziari nell'ambito del processo IMI-SIR. Di fatto, Previti scontò a Rebibbia solo pochi giorni per effetto della legge ex Cirielli (approvata qualche mese prima, quando Previti era ancora effettivamente in carica). Ha scontato la pena sotto forma di affidamento ai servizi sociali, grazie ad una legge su misura. E' interdetto in perpetuo dai pubblici uffici. E’ l’unico che Berlusconi non è riuscito a salvare nonostante ci abbia provato in mille modi. E’ libero ma per il momento non può tornare in Parlamento.
Brancher: ma Napolitano firma al buio?
   
Mano a mano che emergono i particolari sulla nomina di Brancher a Ministro appare in tutta la sua evidenza il ruolo di subalternità del Presidente della Repubblica in tutta la vicenda. L’articolo 92 della Costituzione statuisce che “Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri.” Appare pacifico che anche  se la proposta è del Presidente del Consiglio,  è il Presidente della Repubblica che detiene il potere della nomina.
Secondo quanto riportato oggi da tutti i giornali due settimane fa, Napolitano ha ricevuto una telefonata del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta , che gli annunciava l’intenzione del governo di nominare un nuovo ministro. Il presidente, saputo che la delega sarebbe stata al federalismo, rimane sorpreso e chiama Berlusconi, il quale spiega che la scelta è tutta di natura politica. Alla richiesta di chiarimenti circa le deleghe, Berlusconi si impegna a fargliele avere subito. Al Quirinale arriva un testo che Napolitano, nell’esaminarlo con i suoi collaboratori, definisce né più né meno che un pastrocchio. Nonostante tutte le riserve, il nuovo ministro per l’Attuazione del federalismo fiscale giura l’indomani, avendo come “padrini di nozze” Tremonti e Calderoli. Poi il Quirinale assiste, fra lo sconcerto e l’irritazione, al balletto delle deleghe (stanno in un decreto del Presidente del Consiglio): dall’attuazione del federalismo fiscale e istituzionale al decentramento e la sussidiarietà. Giovedì mattina, Brancher annuncia che si avvarrà della legge sul legittimo impedimento. Sentendosi preso in giro Napolitano prende carta e penna e scrive la sua nota contraria all’uso da parte di Brancher della legge sul legittimo impedimento. Nelle sue conversazioni private, oscilla nel definire la vicenda Brancher: una pagliacciata o un gioco delle tre carte.
A questo punto a me non resta che porre al Presidente qualche domanda:
1. Per quale motivo egli ha firmato il decreto di nomina di Brancher a Ministro senza pretendere di conoscere prima quali fossero esattamente le deleghe, accontentandosi di quello che egli stesso ha definito “un pastrocchio”?
2. La vicenda umana di Brancher era nota a tutti, sia quella passata (l’incarcerazione per tangenti ed il salvatggio della prescrizione), sia quella attuale (indagine in corso per corruzione e ricettazione nell’ambito dello scandalo “della Banca Popolare di Lodi” di Fiorani). Possibile che solo Napolitano non fosse al corrente della situazione? Per quale motivo ha acettato la nomina a Ministro di un personaggio così chiacchierato?
3. A tutti era noto che l’unico motivo della sua nomina a Ministro era la possibilità di non presentarsi ai magistrati inquirenti e la riconoscenza di Berlusconi, che Brancher ha salvato dalla galera andandoci al suo posto. Possibile che solo Napolitano non lo avesse intuito?
In conclusione sono davvero preoccupato di dover constatare che abbiamo un Presidente della Repubblica che firma “al buio” i decreti che gli vengono proposti da Berlusconi, del quale è evidentemente sempre più succube e subalterno. Le sue irritazioni successive appaiono soltanto un gioco delle parti per convincere gli allocchi che sta esercitando quel ruolo di “vigilanza” che la Costituzione gli assegna.

Marcello Dell’Utri: condannato a Palermo, assolto in tv
 
"Marcello Dell’Utri assolto a 7 anni di carcere". E’ questa la frase che gira all’impazzata in rete dalla mattinata di oggi, quando la Corte d’Appello di Palermo ha condannato il Senatore del PDL Marcello Dell’Utri a 7 anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa.
Nata come mera, sarcastica provocazione da parte dei detrattori del "senatore in odore di mafia", la frase-tormentone è rimbalzata sui tg di tutta Italia, ripulita dal chiaro intento satirico e sfruttata in tono serioso, in una sorta di stravolgimento "in termini" di una realtà forse poco piacevole.

La sentenza, stando a quanto enunciato nelle 17 righe che la compongono, costruisce un vero spartiacque tra la condotta seguita dal cofondatore di Forza Italia e patron di Publitalia fino al 1992, intrisa di rapporti continuativi con boss mafiosi del calibro di Stefano Bontate, Mimmo Teresi e Gaetano Cinà e caratterizzata dal suo ruolo di mediatore tra l’impero Fininvest e quello di Cosa Nostra (tra cui si colloca l’impiego del boss mafioso Vittorio Mangano ad Arcore in forma di "garante"), e gli anni successivi, in particolar modo nell’era di Forza Italia e delle Stragi di mafia, in cui nessun elemento sembrerebbe comprovare il perdurare del legame politico-mafioso incernierato nella figura di Marcello Dell’Utri.

La lettura del deposito della sentenza, che avverrà nelle prossime settimane, sarà fondamentale per comprendere il peso attribuito dai giudici di Palermo alla testimonianza del pentito Gaspare Spatuzza (consolidata in buona parte dalle rivelazioni di Massimo Ciancimino, escluse però dal processo Dell’Utri su decisione della stessa Corte), e, di conseguenza, alla presunta trattativa Stato-Mafia nell’era post-DC.

Ad oggi, l’unico dato di fatto resta la condanna a 7 anni per un Senatore della Repubblica, co-fondatore del più grande partito del paese. Ma non è questo che appare dalla visione dei principali tg nazionali.
La riflessione di Hominibus
Con quale faccia inviamo i nostri militari in altri Paesi
se nel nostro Paese abbiamo una situazione così degradata,
da far temere un tragico epilogo di questa mai nata democrazia,
essendo così semplice darsi simili campioni di governanti infedeli,
che si appropriano della cosa pubblica per fare i loro comodi,
in derisione della tanto elogiata Carta Costituzionale?
Il parere di Hominibus
In tempi di democrazia sincera, 
in un Paese non soggiogato dai miti della ricchezza
e con un ordinamento blindato contro gli abusi di potere,
questi militari sarebbero dovuti andare prima a...
Palazzo Chigi
per costringere ad apparire nei giudizi
e verificare la fondatezza dei teoremi persecutorii,
o fare piazza pulita di una congrega ghignante e irridente,
che gioca allegramente con il destino di una intera popolazione,
raccontando una verità che meriterebbe estreme sanzioni,
se fosse consentita la pubblica reale narrazione
 dei fatti che hanno ammorbato l'Italia.
 
E tutto ciò conduce al sistema fiscale
che incentiva il malaffare e blinda la ricchezza,
rendendola affascinante e totalmente fuori dal controllo
necessario affinché alla sua entità ne corrispondano pari oneri,
e che genera gestori della finanza pubblica meritevoli
di immediate misure restrittive per la grettezza 
morale e l'insolenza dei provvedimenti.
 
E, quindi, Hominibus boccia nuovamente il giulivo Ministro delle Finanze,
perché la lotta contro il Titano si scrive sulla sabbia e non migliora la società!
Perché i capitali, nei nuovi testi universitari,
saranno indicati come risorse a cui riconoscere
la libera circolazione, perché esclusi da qualsiasi imposta,
per il semplice fatto che l'attenzione si deve concentrare sui beni
di godimento o di produzione realizzati con il loro impiego,
ed evitare una doppia imposizione che serve a
favorire usi privati della finanza pubblica.
 
Ma quanto ci vuole a capire l'indifferibilità del
FISCO PATRIMONIALE O 'CONDOMINIALE'
contro la disonestà di legislatori , governanti e cittadini, tutti collusi e ghignanti ?
 
Roma, 7 Luglio 2010

Hominibus

Movimento di opinione per la costruzione di una società onesta,
che riconosca finalmente i diritti della maggioranza delle popolazioni mondiali,
vessate da politiche vergognosamente favorevoli alle classi benestanti, sempre peggio rappresentate.