TEATRINO POLITICO
Campionatura del confronto tra gli allevatori nostrani di
polli
RESTART 2010 / PARTITO DEMOCRATICO
Bersani contro Golia
Parole, parole di Edmondo Berselli,
opinionista dell'Espresso, il quale mette grande impegno nel rendere
complicata una situazione elementare,
che richiederebbe solo il buon senso dell'onestà, non la lettura secondo le
regole di potere della politica,
essendo sufficiente accettare ed approfondire la riflessione nei termini
dell'equazione: Stato=Condominio
Battere
Berlusconi sul suo terreno, a partire dai ceti medi e dalle regioni
leghiste.
Il leader dell'opposizione ce la può fare: con una buona dose di
pragmatismo
I suoi avversari non gli hanno ancora perdonato di avere vinto le primarie e
avere conquistato la segreteria del Partito democratico. Gli rimproverano di
non avere fatto niente per fermare la diaspora di Francesco Rutelli, che si
è portato dietro quell'inventore di politica di cui si sentirà ancora
parlare, il 'Magnifico' del Trentino, Lorenzo Dellai: se nasce la Kadima
italiana se ne vedranno delle belle, con la rinascita in grande stile della
politica dei due forni.
Eppure, tutto considerato, Pier Luigi Bersani è in ripartenza. Una volta lo
si sarebbe chiamato contropiede. Adesso il leader del Pd guarda con sollievo
i sondaggi non sfavorevoli e deve trovare la strategia e la tattica adeguate
alla situazione politica corrente. Per il suo predecessore Dario
Franceschini il gioco era facile: marcamento ossessivo, quotidiano, ora per
ora di Berlusconi. Per Bersani il gioco è più complicato, perché deve
mettere insieme il breve e il lungo periodo.
Eppure il politico piacentino, il 'ministro', il cattolico e postcomunista
affetto da un'inguaribile propensione al governo, ha una possibilità ancora
non sperimentata: vale a dire di completare il processo di creazione di un
partito vero. Quando annunciò che aveva in mente un partito "bocciofila" si
attirò qualche ironia, dato che tutti pensarono a un modello di partito
emiliano fatto di polisportive e circoli di anziani; ma a distanza di
qualche tempo il Pd si sta solidificando, non è più una galassia gassosa. E
si trova davanti ad alcuni problemi dalla cui soluzione dipende in futuro la
sua competitività politica.
Cominciamo dalla questione apparentemente più semplice. Ossia il rapporto
con la sinistra radicale. Il Pd ha alle spalle il peccato di avere
contribuito a introdurre la soglia di sbarramento alle elezioni europee, e
quindi di avere nuovamente marginalizzato i partiti della sinistra
antagonista. Nello stesso tempo però si sta manifestando in questo
elettorato la percezione che il Pd è l'unica opposizione praticabile al
governo Berlusconi. Bersani deve trovare la quadra: non perdere di vista gli
umori degli antagonisti, da Sinistra e libertà a Rifondazione e i Comunisti
italiani, e offrire loro una prospettiva politica praticabile, in modo che
il loro voto non vada dissolto.
Sotto questo profilo deve stare attento a non squilibrare il Pd, che è
ancora il frutto di alchimie delicate. Ma Bersani ha un'occasione
aggiuntiva, vale a dire l'assoluta libertà che gli è stata assegnata sul
tema strategico delle alleanze. Lo si vedrà con chiarezza nello scenario
delle elezioni regionali, dove una visione autonomistica, 'pre-federalista',
consente la massima elasticità di manovra. Si gioca molto, Bersani, alle
regionali. Ma se si pensa che fino a poche settimane fa veniva data per
scontata soltanto la tenuta nelle storiche regioni rosse, la 'Lega centro'
di Ilvo Diamanti, adesso sembrano aprirsi spiragli leggermente diversi. Al
leader del Pd possono bastare un paio di risultati positivi, tanto per dire
in Piemonte o nel Lazio (senza trascurare la difficile ma interessante
situazione pugliese) per dimostrare che il Pd non è un fenomeno residuale o
marginale della politica italiana bensì un elemento ancora dinamico. Tanto
più che nel Veneto si aggira l'insoddisfazione di Galan, e in Sicilia solo
il cielo può conoscere quale sarà il destino del neo-milazzismo
dell'autonomista Raffaele Lombardo.
Si potrebbe chiosare tutto questo con la vecchia massima maoista sulla
confusione, quel tanto di disordine sotto il cielo e l'eccellenza
conseguente della situazione. E difatti il compito principale di Bersani è
quello di introdurre movimento in una situazione politica bloccata. Non può
trascurare che i berluscones hanno cento voti di maggioranza alla Camera e
più di 40 al Senato. Eppure proprio in questa condizione ha il compito di
individuare le contraddizioni di una coalizione di governo che ha perso
qualsiasi spinta riformatrice. Il berlusconismo si scaglia per esempio
contro la tracciabilità dei pagamenti con assegno, bonifico bancario e carta
di credito, accusando questi dispositivi di 'dittatura tributaria': ma si
capisce benissimo che il pagamento 'cash', in contanti, è una sfacciata
concessione ai pagamenti in nero, cioè all'evasione fiscale di massa.
Su argomenti come questo, anche per la loro carica simbolica, occorre
coerenza e anche durezza. Perché il punto di volta di Bersani deve
consistere nello sforzo di individuare una leva per mettere in difficoltà la
propaganda berlusconiana. C'è infatti una inspiegabile acquiescenza, una
passività generale nell'opinione pubblica, che sembra difficile se non
addirittura impossibile scalzare. Questo senso di rassegnazione si avverte
proprio mentre la coda sferzante della crisi fa sentire i suoi effetti non
soltanto sulle imprese, ma sulla condizione effettiva dei lavoratori, sul
loro reddito e la capacità di spesa. Nel settore manifatturiero, e nel
sistema di piccola e media impresa, nei distretti industriali si è assistito
a cadute del fatturato superiori al 30 per cento, con ricadute preoccupanti
sull'occupazione; in numerosi casi l'impatto della cassa integrazione
depaupera gravemente le tredicesime. Non si è visto nulla che potesse
accelerare i consumi con un fiammata di euforia decembrina per dare una
boccata di fiato al commercio interno.
Qual è dunque il segreto del consenso berluscones? In una democrazia
avanzata si vota anche con il portafogli. Evidentemente c'è un fascia
altissima di operatori singoli che conta ancora sul 'laissez-faire'
berlusconiano, e punta su un avvenire liberista, sul taglio delle tasse
sempre annunciato e mai realizzato, sul business delle privatizzazioni
locali a cominciare dall'energia, sui rifiuti e le infrastrutture
dell'acqua, sui grandi affari delle bonifiche ambientali, e infine sulle
grandi opere pubblicitarie tipo il ponte sullo Stretto e le 'frecce'
ferroviarie della Tav.
È in fondo un corollario del tradizionale e conformista consenso italiano da
pentapartito. La società italiana si abitua al potere e se lo fa piacere.
Interrompere questa inclinazione è sempre stato uno degli obiettivi mancati
della modernizzazione italiana. Ci provò Bettino Craxi, facendo
contemporaneamente il capo del governo e il capo dell'opposizione, erodendo
continuamente potere alla Dc nelle banche, nei giornali, nelle clientele.
Bersani si trova davanti il compito di qualificare il Pd come un'ipotesi
seria di governo alternativo. L'operazione contiene elementi culturali
fortissimi, perché deve unire un rassemblement di popolo governato per ora
soprattutto da scie di indignazione e di rancore. Mentre Bersani deve
amministrare un partito che per certi versi assomiglia alla socialdemocrazia
tedesca ai tempi di Bad Godesberg nel 1959, epoca della revisione
antimarxista: deve individuare l''ubi consistam' per qualificarsi come
partito centrale di governo degno di partecipare al miracolo tedesco. E poi
ripartire su una serie limitata di priorità, ribattere continuamente il
chiodo, provare a fare il 'sindacalista della classe media', conquistare il
voto dei precari esclusi dal mercato del lavoro senza copertura di nessun
tipo, salvo qualche elemosina, identificarsi come il portatore di uno
sviluppo praticabile per i ceti medi spaventati dalla recessione e
dall'immigrazione.
L'impresa è difficile. Ma la ripartenza di Bersani rappresenta la
possibilità che si giochi una partita seria e dura fra le velleità
riformiste del Pdl, tutte concentrate su fenomeni 'sovrastrutturali', dalla
giustizia al premierato, e un progetto di governo del Paese di tipo
pragmatico ed essenziale, anche duro politicamente, esplicitamente
alternativo alle volatilità del governo berlusconiano.
(L'Espresso del 29 dicembre 2009)
L'opinione di Hominibus
sulla nuova leadership del PD e degli opinionisti di supporto
che hanno il compito di rendere complicate anche le cose
semplici,
come giocare una partita con ...
Cambiano gli uomini al comando, ma la musica no!
Avrebbero un poker in mano ma non lo sfruttano,
perché sono uomini d'ispirazione centrista
o, peggio, di destra di seconda scelta
con la fissa della politica o morte,
e sono la sventura per quelli
che vantano di difendere!
Il poker, in una democrazia,
é il programma di fiscalità onesta
che sia capace di far pagare le imposte
in proporzione alla reale ricchezza dei cittadini,
mentre gli inutili paladini della politica
democratica
preferiscono assoggettarsi all'irridente sberleffo
di una spietata banda di imitatori d'assalto,
che ormai sanno scimmiottarne lo stile,
riparandone i difetti delle proposte
con un populismo di sostanza!
Quindi...
Pragmatico BERSANI,
poniti
nella condizione
non di chiedere, ma di pretendere!
Gioca finalmente il poker che hai in mano,
imponendo la corretta applicazione dell'art.53
della Costituzione italiana, su cui hai anche
giurato,
staccandoti dal tumultuoso branco di facoceri,
terrorizzati alla sola idea che possa prevalere
finalmente quella giustizia che una politica
di finta sinistra, incapace o disonesta,
ha negato alla maggioranza della
popolazione, pur vantandone
il patrocinio!
Altrimenti sarà ineluttabile
il sopravvento definitivo del ....
Partito Unico
dell'Amore !
sotto la delittuosa guida di un facocero alfa,
a cui non passerebbe mai per la mente
il dubbio di un fisco disonesto,
essendo così impegnato
nell'amore di sè.
06 Gennaio 2010
Hominibus
Movimento di opinione per l'affermazione della democrazia reale
a difesa del 70/80% della popolazione mondiale, vittima
inconsapevole di legislatori e governanti infedeli