La faticosa riqualificazione degli allevatori mondiali di polli
(Il tentativo N. 526 di esortare i più forti, perché possano riuscire a condurre Tutti sulla retta via
C’è chi si sporge dal terrazzino del palazzo e a pugni chiusi grida al popolo “ce l’abbiamo fatta” (Di Maio l’altra sera). C’è chi inventa incontri con la stampa in piazza (il premier Conte ieri alle 15) in cui si capisce poco o nulla – oltre al rischio di finire calpestati - quando avrebbe a disposizione un’intera sala stampa da cui spiegarsi assai meglio al popolo a casa e davanti alla tv. C’è chi scrive post soddisfatti ma poi preferisce, tra molti imbarazzi, stare con i piedi in terra (i leghisti). E c’è chi proprio la faccia non ce la vuole mettere su questo deficit al 2,4, su questo ulteriore debito di 28 miliardi che si ripeterà almeno per i prossimi tre anni.
L’uomo che ha firmato la nota di aggiornamento del Def, la cornice di numeri che sosterrà la prossima manovra, è l’unico, ma proprio l’unico, che non l’ha commentata. Un ministro fantasma. Basta mettere in fila le dichiarazioni dei giorni scorsi (l’ultima mercoledì mattina: “Ho giurato sulla Costituzione per tutelare gli interessi degli italiani, e non l’ho fatto solo io”), per capire che il titolare dei nostri conti ha dovuto subire l’accerchiamento di Salvini e Di Maio. Che non condivide quasi nulla di quello che è stato deciso, che pure porta la sua firma e che dovrà, a partire da lunedì, andare a spiegare e difendere in Europa. Tutto sommato, all’accademico preside della Facoltà di economia a Tor Vergata non piace affatto aver fatto la figura di quello che s’è dovuto rimangiare analisi, principi e convinzioni. Per fare spazio a Salvini e Di Maio. La figura di chi subisce un ricatto. Perché questo è stata la chiave di volta della riunione di governo, e del futuro del paese: o il deficit saliva, o la manovra metteva in giro danari (non veri ma presi in prestito), o la legislatura finiva lì. Nel pieno della sessione di bilancio. E chi se ne frega dell’Europa, dei mercati, dello spread.
Chiaro, quindi, che Giuseppe Tria si sia fatto di nebbia e non abbia proferito verbo. E se ieri ha avuto anche l’alibi del 70 esimo compleanno da festeggiare lontano da tutti e da tutto, è naturale chiedersi con quale spirito potrà condurre, a partire da lunedì con la riunione Ecofin, le trattative in Europa per difendere e portare avanti un piano economico che non condivide. Così come buona parte dell’elettorato leghista. “Infatti - spiega una fonte tecnica di governo - le dimissioni del ministro sono ancora sul tavolo, congelate ma ci sono. Ora porta avanti la manovra, i prossimi venti giorni saranno difficili così come l’iter parlamentare. Ma poi a dicembre potrebbero scongelarsi”.
Rispetto ai tanti che alzano i pugni e mostrano la V di vittoria, è dunque il silenzio di Tria a fare notizia. A preoccupare. Molto difficile ricostruire i passaggi decisivi di giovedì pomeriggio quando palazzo Chigi diventa, dalle 17 in avanti, il luogo dove tutto può succedere. C’è discrezione ma anche timore di peggiorare una situazione assai complessa per il paese. Non è il caso di speculare, insomma, con retroscena più o meno verosimili. Tutte le fonti concordano nell’individuare il momento in cui tutto è cambiato. “Fino al primo pomeriggio - si spiega - era pacifico che si potesse trovare l’accordo sul 2,1%”. Tria sembrava irremovibile da una parte e tranquillo dall’altra che quello potesse essere il giusto compromesso. Schierato dalla sua parte Giancarlo Giorgetti, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, l’uomo che per la Lega ha vissuto da parlamentare ben 22 leggi di bilancio, il più esperto e il più ferrato in materia di bilanci. “Poi però Di Maio ha giocato d’azzardo, o forse no, difficile dirlo. Fatto sta che ha vinto. Ha spiegato che per i 5 Stelle il 2,1% era troppo poco e che per loro restare al governo senza fare quello che hanno promesso in campagna elettorale non avrebbe avuto senso. Dunque la legislatura finiva lì, saremmo andati tutti di nuovo a votare”.
E’ in quel momento che Giancarlo Giorgetti avrebbe lasciato la riunione. E che Giuseppe Tria avrebbe messo sul tavolo le sue dimissioni. Spiegato che per lui non avrebbe avuto senso, dopo quello che ha detto e spiegato nei giorni passati, andare avanti su una strada che non condivide. Il Quirinale smentisce categoricamente di aver in qualche modo interagito con questa situazione di crisi latente. Si sostiene che ogni interlocuzione sarebbe avvenuta tramite il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Mattarella o meno, Tria ha tenuto ma solo per evitare guai peggiori. Le sue dimissioni e la crisi di governo sarebbero costate al bilancio italiano assai di più di un deficit a 2,4%. Impraticabile. Dunque ognuno resti al suo posto anche a costo di ingoiare polpette indigeribili. Alle otto di giovedì sera Salvini spiazza tutti e rompe l’argine che fino a quel momento aveva tenuto la Lega sul chi va là. Mediaticamente la crisi di governo provocata dai 5 Stelle al grido “più spesa più sviluppo più soldi al popolo” sarebbe stata per lui insostenibile. Dunque, tanto vale appoggiare il deficit al 2,4 %, le politiche assistenzialistiche contrarie al suo mandato e i 10 miliardi per il reddito di cittadinanza. A quel punto la tenaglia si è chiusa. E Di Maio, con la regia di Rocco Casalino, ha potuto andare sul terrazzino di palazzo Chigi a dire: “Ce l’abbiamo fatta”. Quasi quasi non ci credeva neppure lui. A palazzo Chigi si fa notare che l’ultima volta che qualcuno ha utilizzato il balconcino era il 1982, l’Italia aveva vinto i Mondiali e Spadolini decise che ne valeva la pena.
Ieri la Borsa ha bruciato 22 miliardi (-3,7) e lo spread, dopo un’impennata a 280 e sceso a 267, venti punti in più rispetto al giorno prima. In questo clima Di Maio e Salvini non hanno potuto fare altro che abbassare i toni. E parlare al paese. “Questa manovra è un passo in avanti verso la civiltà. Sono convinto che gli analisti, i mercati, gli spreadisti e i commissari capiranno che stiamo lavorando per il bene del Paese” ha ripetuto Salvini in svariati tweet e post di cui si perde ormai il conto. Idem ha fatto Di Maio: “Giovanni Tria ha seguito (quasi “eseguito”, ndr) tutto quello che avevamo concordato insieme. Non ci siamo impiccati a dei numeri, ma abbiamo detto quali sono le misure che si devono fare per il popolo italiano e poi abbiamo fatto il calcolo”.
Il più sincero, in una giornata in cui la Lega non può trionfare al di là delle parole di Salvini, è stato il viceministro dell’Economia Massimo Garavaglia, quota Lega. “Giovedì - ha raccontato intervistato da InBlu radio, il network della Cei - c’è stato un momento di oggettiva tensione perché poteva cadere il governo e sarebbe stato molto peggio. Tria è molto preoccupato per le conseguenze di questa scommessa. Però se l'alternativa è che non regge la maggioranza, il governo cade e si va all’instabilità, lo scenario sarebbe assai peggiore di quello attuale. L'instabilità oggi verrebbe punita dai mercati 100 volte di più di una sfida sul deficit”. Ecco perché ieri, ma anche oggi, la Lega non ha festeggiato. “Noi - ha detto Garavaglia- siamo gente che sta con i piedi per terra. Non c’è da festeggiare. C’è da sperare che vada bene”. I milanesi son fatti così: più pragmatici e meno cinema.
Quelli del sud invece vanno sui balconi, fanno le marce notturne tipo Quarto Stato tra Montecitorio e Palazzo Chigi, mandano il premier in piazza a raccontare una storiella che non c’è: “Con Tria va tutto bene, non s’è mai dimesso, gli ho parlato, gliel’ho chiesto. Stiamo lavorando per il bene del Paese”. Il bello dell’Italia?
E’ andata male. La manovra economica uscita ieri notte da Palazzo Chigi si è schiantata, fin dalla prima mattina, sul muro dei mercati finanziari, lasciando intravedere scampoli di grande fuga. La Borsa si è avvitata in una discesa senza fine, perdendo in un colpo solo il 4 per cento. Per i titoli bancari è andata peggio: meno 7 per cento. L’abbandono dei titoli di Stato è stata massiccio: il prezzo dei Btp a 10 anni è crollato e il suo rendimento è schizzato di oltre trenta punti al 3,21 per cento, in pratica il doppio, rispetto all’1,63 per cento di questa primavera. E’ il parametro chiave perché prospetta gli interessi che dovremo pagare sui 400 miliardi di debito pubblico che, ogni anno, siamo costretti a chiedere proprio ai mercati. Per fortuna, almeno per quest’anno, il grosso del finanziamento del debito pubblico è già stato effettuato. La prossima asta di titoli è per il 10 ottobre, ma, se questi sono gli interessi da offrire, potrebbe essere rinviata. Tutto è riassunto dall’andamento dello spread, la differenza di rendimento fra il nostro Btp e l’analogo Bund tedesco. Nel giro di poche ore è salito di oltre 40 punti, da 230 a sopra 270. Per avere un’idea della vacuità dei richiami “facciamo come Macron” sentiti in questi giorni, lo spread fra il Bund e l’analogo titolo francese è (nonostante che anche Parigi abbia appena annunciato anch’essa un disavanzo superiore alle previsioni) 33,9, sette volte di meno.
Votare con i piedi (o con il bottone). La situazione si è un po’ alleggerita in serata, a mercati chiusi, quando è possibile che un po’ di operatori abbiano voluto ricomprare i titoli ai nuovi prezzi. Ieri, comunque, era venerdì, a fine settimana, sull’onda emotiva della svolta improvvisa operata dal governo italiano con la decisione di portare il disavanzo al 2,4 per cento del Pil che, evidentemente, nonostante diffusi ottimismi, il mercato non si aspettava. Una tendenza più attendibile delle strategie degli operatori si potrà accertare solo a partire da lunedì o martedì. Sarà cruciale capire l’atteggiamento dei grandi fondi internazionali, quelli che gestiscono miliardi di dollari, a livello globale. Alcuni, come Pimco, hanno abbandonato l’Italia già dall’inizio dell’estate. Altri, come Blackrock – forse il più grande – hanno invece scommesso sull’Italia, dove, peraltro, ha interessi profondi e variegati (è nell’azionariato di Unicredit, di Intesa, di Eni, di Atlantia). Più esattamente, hanno scommesso, senza nasconderlo, sul successo della linea Tria. Cosa faranno lunedì? Il governo ha, insomma, 48 ore per convincere i mercati e i grandi operatori che la sua manovra è efficace e sostenibile. Senza Tria, la cui credibilità è stata svuotata dalla resa di venerdì alle richieste di Lega e 5Stelle, sarà difficile. Ma è un crinale decisivo. La riduzione dello spread e degli interessi sul debito pubblico, dal 2012 ad oggi, con un risparmio di 20 miliardi di euro l’anno, è stata determinante per il miglioramento del bilancio pubblico. Nei mesi scorsi, l’Ufficio parlamentare per il bilancio ha calcolato che un aumento dei 100 punti dei rendimenti dei Btp (quello già avvenuto da primavera all’altro ieri) comporta un aggravio di 4,5 miliardi di maggiori interessi nel 2019 e di 6,6 miliardi di euro nel 2020. Un aumento di 200 punti (ieri ci siamo arrivati molto vicini, ne mancavano una quarantina) il doppio: 9 miliardi di euro nel 2019, 13 miliardi nel 2020. Quanto basta – come del resto aveva detto Tria – per mangiarsi quasi l’intera manovra.
Ecco perché, quando Salvini dice che “i mercati se ne faranno una ragione” parla di un mondo che non esiste. I mercati sono, al contrario, il terzo elettorato, dopo quello grillino e leghista, che il governo deve convincere. Con lo svantaggio che questo terzo elettorato vota, come dicono gli inglesi, con i piedi – o, più esattamente con un bottone o un algoritmo – portandosi via i soldi. Nel tempo di un amen e senza rimpianti. Chi sono, infatti, questi mercati? Il 15 per cento dei nostri titoli sono in mano alla Bce, che continuerà a reinvestirli sempre nei Btp per un tempo imprecisato, ma lungo. Sono soldi al sicuro. Un altro 10 per cento – forse meno – appartiene a privati investitori italiani. Qui, probabilmente, Salvini può trovare l’anziana vedova che ha messo in Btp la liquidazione del marito, è incerta sul da farsi, non ha capito bene e, comunque, ove volesse liquidare i suoi titoli, deve chiuder casa, arrivare fino in banca per dire: “Vendete”. Gli altri tre quarti del nostro debito pubblico (circa 1.800 miliardi di euro) sono in tasca a investitori stranieri (35 per cento), a banche (20 per cento) ad assicurazioni (20 per cento). Sono investitori sofisticati, abituati a far girare di continuo somme astronomiche nei nanosecondi delle operazioni al computer, attraverso raffinate operazioni di swap, collateralizzazione ecc. . Non hanno nessun motivo di “farsene una ragione”: intanto, portano, nel tempo di grattarsi un sopraciglio, i soldi in Svezia o in Burkina Faso. Poi si vede.
Un calendario che fa paura. Il risultato è che vivremo i prossimi mesi con il cuore in gola e il rischio che, anche in caso di schiarite, la tempesta si scateni nuovamente sui mercati. La realtà si preoccuperà di prendersi i suoi anticipi sul calendario, ma, anche in caso contrario, le scadenze sono serrate. I contenuti specifici dei provvedimenti della manovra devono essere inviati a Bruxelles per metà ottobre, a fine mese le agenzie di rating daranno il loro responso sulla situazione della finanza pubblica italiana, entro novembre la Ue darà o non darà il via libera, a dicembre si chiude l’ombrello della Bce, con la fine degli acquisti di titoli pubblici italiani. Ognuno di questi passaggi o la sua attesa può scatenare la crisi. Ma potrebbe bastare anche la semplice analisi da vicino dei dettagli della manovra. Ieri, ad esempio, a tambur battente, un autorevole centro studi, Prometeia, ha smontato la tesi che la costosa manovra messa in piedi dal governo, in qualche modo, si paghi da sola, grazie allo stimolo che darebbe ad una crescita dell’economia (che, per dirla nel modo più semplice, si tradurrebbe in più incassi per il fisco). L’innalzamento del disavanzo al 2,4 per cento – dice Prometeia – “rischia di avere effetto nullo sulla dinamica della crescita”, visto che è composto soprattutto di sussidi, anziché di investimenti. Anzi, Prometeia riduce le sue previsioni sulla crescita: 1 per cento quest’anno e solo lo 0,9 il prossimo. Lo spazio si riduce.
Basta, ottimo Ministro TRIA, polverizzi questi giovani e vecchi politici, affascinati solo dalle solite grandi cazzate, spiegando che le misure da adottare sono elementari, ma straordinarie rispetto a quelle usuali del vivere insieme perché impongono la rivoluzione dei principi della partecipazione alle spese comuni indivisibili, impegnando la Società a guardare al di sopra degli interessi speculativi per dare una soluzione definitiva alla indilazionabile esigenza di assicurare il rispetto reciproco tra i diversi strati sociali !
Attenzione, egregi Sigg. Politici, in difficoltà di sopravvivenza...,
non serve promuovere provvedimenti che fanno sopravvivere personalità politiche di scarso amore verso il Prossimo, ma grande verso Se Stessi, mentre ormai è necessario riconoscere la via maestra per concepire l'idea dell'assetto sociale che assicuri il diritto di vivere insieme in questo terzo millennio aderendo ad un progetto, nuovo di zecca, denominato...
"HOMINIBUS"
che mette in primo piano l'apparentamento degli Stati ad enormi Condominii, i cui rappresentanti sono nominati e finanziati in un accordo economico privato, eliminando, così, la soggezione politica, azzerandone vigliacche protezioni e regalie a giustificazione reciproca!!!
La preghiera di Hominibus, per auspicare il giorno vero:
Insomma, l'appello di Hominibus a Tutti gli Uomini di buona volontà
consiglia di stornare l'attenzione dagli elementi esteriori della vita insieme
e fare una profonda riflessione sul progetto di riforma della organizzazione
politica, sociale ed economica che propone di riportare l'amministrazione di
Enti territoriali come Comuni, Province, Regioni, Stati e Federazioni di Stati
al livello di comuni Condominii, da amministrare come tali, che metterebbe in
primo piano solo elementi patrimoniali, azzerando la solita mediazione perché...
I Politici sono il kernel di Malavita,
insistendo ancora in arroccamenti che
seminano dolore e morte nel mondo.
Stando così le cose anche nel Terzo Millennio, con i grandi mezzi di comunicazione
che si sprecano solamente in impieghi di infimo profilo a causa della minaccia per tutte le
attività di mediazione ed interpretazione di bisogni ed aspettative, ormai possibili da soddisfare
con la doverosa onestà che favorisca la partecipazione diretta nella interrogazione e discussione dei
dispositivi di legge, non è più ammissibile la frequente complicazione nella formazione dei nuovi governi
che potrebbe essere resa semplicissima con la eliminazione della solita soporifera intermediazione dei partiti,
PERMETTENDO, COSI', L'IMMEDIATA COSTITUZIONE DEI POTERI CON I NOMINATIVI PIU' VOTATI !!!
Un migliaio dei primi in classifica per riempire le Camere e un centinaio dei primi di questi per il Governo,
archiviando, definitivamente, il ricorso a formazioni intermedie nella interpretazione di civili aspettative.
Sulla scena politica nazionale il voto del 4 marzo NON HA determinato un netto spartiacque nella consueta
gestione indecente della Cosa Pubblica, prevedibile anche con l'accozzaglia di personalità vecchie e nuove,
sì, ma ancora molto lontane dall'intuizione della corretta soluzione per il Bene Comune, che consiste
nella riforma improcrastinabile del delinquenziale sistema di partecipazione alle spese comuni !
Così è necessario intervenire "EDUCANDO IL POPOLO ED ELIMINANDO I POLITICI":
Ipotizzando la scomparsa dei partiti politici che, storicamente, sono stati la causa prima di
grave ritardo nella evoluzione del genere umano, si sarebbe certi di non dovere subire
la mediazione di terzi, ma aspirare alla affermazione dei personali convincimenti,
restringendo, così, la libertà nell'interpretazione delle deleghe troppo generiche.
Premessa la certezza di poter fare a meno dei soliti Politici, sia vecchi sia nuovi,
occupatori di Stato, ma che sarebbero ormai da calciare per la pretesa di non
cambiare la formula dell'amministrazione di uno Stato nel 3° Millennio
mediante il riconoscimento delle forze equilibratrici spontanee,
che richiedono la eliminazione dei tradizionali apparati,
permettendo la partecipazione diretta del Cittadino,
facile da realizzare con l'impiego delle nuove tecnologie,
il migliore consiglio da dare, non solo alla nostra cara Italia,
ma al Mondo intero, è quello di smetterla con le "minchiatelle"
politico-amministrative, complicando il processo di rapporti privati,
nazionali, internazionali, da parte di politici intrallazzatori, prepotenti o
incapaci, che cavano vantaggi giustificati solo dalla libertà concessa dagli
ordinamenti molto diffusi per continuare a far resistere una classe sociale che
vive grazie alla immaturità dei Popoli sottoposti, manipolati con regimi fiscali da
abrogare urgentemente con il declassamento dello Stato ad elementare Condominio
con i Cittadini del Mondo che sapranno associarsi in entità territoriali, solo dopo previa
tabula rasa dei limiti convenzionali della politica, accettando la supremazia delle conseguenti
regole amministrative di tipo condominiale e facendo riferimento al solo valore dei beni residenti,
liberando le transazioni di qualsiasi tipo da oneri fiscali molto pesanti e di difficile riscontro, con la...
Fiscalità Patrimoniale
come Ordine Universale per garantire
Correttezza amministrativa, Economia ed Efficienza
per tutti i Popoli della Terra!
E così v'è l'urgenza di trovare la soluzione per impedire
l'avvicendamento nella scena politica di personaggi che
non hanno la preparazione necessaria per svolgere l'azione
capace di comprendere ed armonizzare le aspettative dei diversi
strati sociali, da sempre affrontate in mancanza di una vera visione
democratica, dall'Alto, e di educazione ai diritti spettanti, dal Basso.
Quello che accade da sempre tra i Paesi del Mondo denuncia la ripetizione
dei comportamenti tra Cittadini di uno stesso Paese, dominanti e dominati, dove
prevale sempre l'interesse del più forte, il cui vantaggio conseguito corrisponde al
danno provocato al Cittadino o Paese più debole, dipendendo dalla forza contrattuale
preponderante del Primo rispetto al Secondo, causa di vantaggi e di danni amplificati.
IL FISCO rappresenta la prova di povertà d'animo dei Ceti dominanti in tutto il mondo
e l'urgenza di seria revisione in grado di rendere adeguatamente onerosa la vera ricchezza!
...................
Per questo motivo, cari Politici, di destra, centrodestra, centro, centrosinistra, sinistra, etc,
è sempre più vicino ed opportuno il momento magico per rendere conto delle vostre malefatte
che finiranno con il modello di convivenza più vicino alla esperienza quotidiana di Tutti Noi,
risolvendo a costo zero la contribuzione alle spese comuni per Comuni, Province, Regioni, Stati.
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ASSORBIRE LE FUNZIONI POLITICHE NELLE AMMINISTRATIVE,
PER MODERNIZZARE IL SISTEMA FISCALE ED IMPIEGARE
LE EFFICIENTI ED ELEMENTARI REGOLE DEL MERCATO,
DA RENDERE OBBLIGATORIE IN TUTTO IL MONDO CIVILE,
CON LIBERA CIRCOLAZIONE DELLA RICCCHEZZA FINANZIARIA!
-----------DA IMPARARE A MEMORIA E TRAMANDARE AI FIGLI!-----------
L'invito di Hominibus a voler riflettere sui criteri politici che governano
l'Amministrazione pubblica, in cui è facile rilevare un comportamento
comune, tendente a cogliere irresistibili occasioni per ritagliare dei
ghiotti margini, che sono alla base dell'agire privato o di gruppo.
Tali comportamenti sono resi più irresistibili a causa di sistemi
fiscali che scelgono di inseguire la ricchezza liquida al posto
di quella solida, mentre sarebbe più efficace ed economico
ridurre l'interesse al solo patrimonio, essendo scopo
ultimo dell'umana attività, beneficiario del buon
funzionamento dei servizi pubblici sul
territorio, realizzando l'obiettivo, insolito per la
Amministrazione pubblica, di semplicità e correttezza
nei confronti di tutti i Cittadini, evitando di fare le pulci con
procedure che richiederebbero meritati provvedimenti punitivi
per il relativo costo e la complessità inutile e fallace di gestione!
Anche cambiando la guida di governo, pescando nel finto nuovo,
la musica rimane la stessa perché il canovaccio usato lungo tutto l'arco
della rappresentanza politica denuncia, alla base, lo stesso difetto che inficia
e pregiudica l'adozione d'unica strategia capace di assicurare il risultato migliore,
che consiste nel coniugare, insieme, i requisiti di semplicità, economicità, universalità
e automaticità, tutti raggiungibili solo se basati sul presupposto del vero rispetto reciproco,
richiedendo il totale azzeramento degli attuali apparati politici, le cui funzioni sarebbero affidate
ai massimi livelli dell'amministrazione pubblica con compiti di continua rilevazione delle pubbliche
richieste di modifiche degli ordinamenti statali e delle istanze relative alla gestione dei rapporti
politici ed economici nazionali ed internazionali, basata sulla risposta al seguente quesito,
che può sembrare strampalato, ma che assicura la partecipazione diretta dei Cittadini e
la continua uniformità dei provvedimenti conseguenti, sostituendo figure oramai fuori
tempo, essendo necessaria accettare la insolita equazione richiesta qui di seguito:
"STATO = CONDOMINIO"
Ma perché non debba essere presa in considerazione una soluzione prospettabile
con l'apparentamento di Stato ad un grosso Condominio, da cui discenderebbe
naturalmente l'eliminazione del potere politico e l'ampliamento delle funzioni
amministrative dei Ministeri secondo regolamenti predefiniti che diano la
certezza del domani perché basati su norme elementari da seguire?
L'adozione dello Stato Condominiale farebbe cessare molte delle
discussioni apparentemente vitali, dando impulso alla riforma
definitiva che permetta l'accesso diretto alla formazione
delle leggi o la delega temporanea a rappresentare,
gratuita o a compenso da convenire, grazie alla
immensa potenzialità dei mezzi trasmissivi
odierni, con potere di voto unitario per
votazioni di principio o pari alla ricchezza
patrimoniale rappresentata per le votazioni
richiedenti gli impegni di spesa collettiva, usando
le Camere per l'accoglienza di Delegati con accordi di
tipo privato di durata e compensi con Cittadini deleganti.
Nella speranza che finalmente sparisca lo storico ceto politico,
vera causa, innanzitutto, di disordine morale per la incapacità di
liberare l'animo dall'ansia di arricchimento personale, che potrebbe
essere combattuta con la rivoluzione del sistema fiscale che imponga
la giusta partecipazione della ricchezza patrimoniale alle spese comuni
indivisibili, esimendo, in cambio, la ricchezza finanziaria dalla consapevole
e arrogante presunzione di poterne controllare correttamente la circolazione!
IL MANIFESTO CONTRO L'ACCOZZAGLIA POLITICA:
Hominibus desidera far riflettere il Lettore sulla situazione che
sta sotto gli occhi di tutti, in cui posti di grande responsabilità
sono ricoperti da personalità che non hanno la necessaria
preparazione, sensibilità, cultura per decidere il destino
nel rispetto di Tutti e, quindi, urge correre ai ripari
prima che possa accadere l'irreparabile,
oggi molto più probabile di ieri con
i soliti politici al comando!
Provvedimenti ipotizzati in Italia, estensibili nel mondo...
...ripetendo l'esperimento del 2006, destinazione Dudinka!
Insomma, ...
"Non si può risolvere un problema con
lo stesso modo di pensare
che lo ha creato !"
(Einstein)
E' necessario cambiare radicalmente metodo, come è indicato in
(in costruzione ed in associazione, attendendo l'occasione delle prossime elezioni)
Hominibus propone cose giuste, facili da fare,
sicuramente in nome di una idea onesta
per una società del 3° Millennio.
Traduciamola in realtà!
L'ITALIA
La prima Nazione nel Mondo
con il sistema fiscale patrimoniale,
anzi, condominiale, e la libera circolazione
della ricchezza finanziaria, grande risorsa sociale!
Dunque, stare insieme, ma da pari, in un grande...
STATO CONDOMINIALE
con un Parlamento Popolare
per consentire finalmente la partecipazione diretta di tutti i Cittadini,
che avranno ruolo attivo, anche amministrativo, all'insegna del binomio ...
MERCATO & FISCO PATRIMONIALE
in Italia entro il 2020, in Europa entro il 2030, nel Mondo entro il 2050 !
Egregi Signori, Voi che potete influenzare le coscienze,
aiutatele ad accettare il fisco condominiale che risolve
non solo la corretta ripartizione delle spese comuni,
ma serve a favorire la libera circolazione della
ricchezza finanziaria mondiale, annullando
il forte richiamo dei paradisi fiscali,
facili ricoveri, generati dalla
connivenza politica.
Roma, 30 Settembre 2018
Hominibus
Movimento di opinione per la costruzione di una società onesta,
che riconosca finalmente i diritti della maggioranza delle popolazioni mondiali,
vessate da politiche vergognosamente favorevoli alle classi benestanti, sempre peggio rappresentate