Teatrino Politico
Campionatura del confronto tra gli allevatori nostrani di
polli.
Il giusto complemento all' 'ANNUS HORRIBILIS' 2008
MESSAGGIO DI FINE ANNO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA GIORGIO
NAPOLITANO
Roma, 31 dicembre 2008
Questa vigilia del nuovo anno è dominata, nell’animo di ciascuno di noi,
dallo sgomento per le notizie e le immagini che ci giungono dal cuore del
Medio Oriente. Si è riaccesa in quella terra una tragica spirale di violenza
e di guerra. Una spirale che va fermata. Lo chiedono l’Italia, l’Unione
Europea, le Nazioni Unite, il Pontefice: sentiamo oggi, mentre vi parlo, che
questo è il nostro primo dovere, riaprire la strada della pace in una
regione tormentata da così lungo tempo.
Parto di qui per rivolgere il mio tradizionale messaggio di auguri a voi
tutti, italiani di ogni generazione e di ogni condizione sociale, residenti
nel nostro paese e all’estero – ai servitori dello Stato, ai civili ed ai
religiosi operanti per il bene della comunità, alle forze dell’ordine e alle
Forze Armate, e con speciale calore e riconoscenza ai nostri militari
impegnati in missioni difficili e rischiose per garantire la pace e
sradicare il terrorismo nelle regioni più critiche. Nel rivolgervi questo
augurio, non ignoro la forte preoccupazione che ci accomuna nel guardare
all’anno che sta per iniziare. Un anno che si
preannuncia più difficile, e che ci impegna a prove più ardue, rispetto alle
esperienze vissute da molto tempo a questa parte.
Nel corso del 2008 è scoppiata negli Stati Uniti d’America una sconvolgente
crisi finanziaria, che ha investito molti altri paesi, anche in Europa, e
che sta colpendo l’intera economia mondiale. Dobbiamo guardare in faccia ai
pericoli cui è esposta la società italiana, senza sottovalutarne la gravità
: ma senza lasciarcene impaurire. L’unica cosa di cui aver paura è la paura
stessa. Vorrei in sostanza parlare questa sera con voi il linguaggio della
verità, che non induce al pessimismo ma sollecita a reagire con coraggio e
lungimiranza.
Sono convinto che possiamo limitare le conseguenze economiche e sociali
della crisi mondiale per l’Italia, e creare anzi le premesse di un migliore
futuro, se facciamo leva sui punti di forza e sulle più vive energie di cui
disponiamo. A condizione che non esitiamo ad affrontare decisamente le
debolezze del nostro sistema, le insufficienze e i problemi che ci portiamo
dietro da troppo tempo. Facciamo della crisi un’occasione per liberarcene,
guardando innanzitutto all’assetto delle nostre istituzioni, al modo di
essere della pubblica amministrazione, al modo di operare
dell’amministrazione della giustizia.
C’è ragione di essere seriamente preoccupati per l’occupazione, per le
condizioni di chi lavora e di chi cerca lavoro, e per le famiglie più
bisognose. E c’è da esserne preoccupati in special modo guardando al
Mezzogiorno, che non ha fatto i passi avanti necessari e rischia di essere
più di altre parti del paese colpito dalla crisi, se non vi si dedica
l’impegno che ho di recente sollecitato con forza.
L’occupazione in Italia è, da diversi anni, cresciuta. Ma ora è a rischio.
Mi sento perciò vicino ai lavoratori che temono per la sorte delle loro
aziende e che potranno tutt’al più contare sulla Cassa Integrazione, così
come ai giovani precari che vedono con allarme avvicinarsi la scadenza dei
loro contratti, temendo di restare privi di ogni tutela. Parti sociali,
governo e Parlamento dovranno farsi carico di questa drammatica urgenza, con
misure efficaci, ispirate a equità e solidarietà.
Mi sento, egualmente, vicino alle famiglie, specie a quelle numerose, o che
comunque fanno affidamento su un solo reddito, sulle quali pesa la
difficoltà per le donne di trovare lavoro, e che non hanno abbastanza per
soddisfare bisogni fondamentali : e quelli che ne soffrono di più sono i
bambini.
Hanno fatto scalpore nei giorni scorsi le statistiche ufficiali sulla
povertà in Italia : ed è parola che esitiamo a pronunciare, è realtà non
semplice da definire e da misurare. Sono comunque troppe le persone e le
famiglie che stanno male, e bisogna evitare che l’anno prossimo siano ancora
di più o stiano ancora peggio.
Dalla crisi deve, e può, uscire un’Italia più giusta. Facciamo della crisi
un’occasione per impegnarci a ridurre le sempre più acute disparità che si
sono determinate nei redditi e nelle condizioni di vita ; per riformare un
sistema di protezione sociale squilibrato e carente ; per elevare, a favore
dei figli delle famiglie più modeste, le possibilità di istruzione fin dai
primi anni e di ascesa nella scala sociale.
Ci sono stati in questi mesi dibattito e confronto in Europa e in Italia sui
temi del clima e dell’energia, sui temi dell’innovazione necessaria e
possibile. Lo sforzo che in questo momento va compiuto per sostenere le
imprese – grandi, medie e piccole – che sono in difficoltà pur essendosi
mostrate capaci di ristrutturarsi e di competere, non può essere separato
dall’impegno a promuovere indirizzi nuovi per lo sviluppo futuro
dell’attività produttiva in Italia. Vanno in particolare colte le
opportunità offerte dalle tecnologie più avanzate per l’energia e per
l’ambiente. Facciamo della crisi l’occasione per rinnovare la nostra
economia, e insieme con essa anche stili di vita diffusi, poco sensibili a
valori di sobrietà e lungimiranza.
Ho, nel corso di quest’anno, levato più volte la mia voce per sollecitare
attenzione verso le esigenze del sistema formativo, del mondo della ricerca,
e delle Università che ne rappresentano un presidio fondamentale. E’
indispensabile, per il nostro futuro, un forte impegno in questa direzione,
operando le scelte di razionalizzazione e di riforma che s’impongono sia per
ottenere risultati di qualità sia per impiegare in modo produttivo le
risorse pubbliche. A ciò deve tendere un confronto aperto e costruttivo, al
quale può venire un valido apporto anche dalle rappresentanze studentesche,
come ho avuto modo di constatare in diverse città universitarie, da Roma a
Milano a Padova. Facciamo della crisi un’occasione perché l’Italia cresca
come società basata sulla conoscenza, sulla piena valorizzazione del nostro
patrimonio culturale e del nostro capitale umano.
Spero di aver dato, almeno per qualche aspetto, il senso dell’atteggiamento
da tenere dinanzi alla pesante crisi che si farà sentire anche in Italia
nell’anno che ora inizia.
Non spetta a me indicare quali decisioni vadano prese in via immediata. Il
governo è intervenuto innanzitutto per porre il nostro sistema bancario, che
pure è apparso meno esposto, al riparo da rischi gravi, e si sta
confrontando con ulteriori esigenze di intervento, sul versante economico e
sul versante sociale. In seno al Parlamento – la cui capacità di giudizio e
di proposta resta fondamentale nel nostro sistema democratico – tocca a
ognuno fare la sua parte, in un clima di reciproco ascolto e senza
pregiudiziali chiusure.
Nel far fronte alla crisi, l’Italia non agisce da sola. Agisce come parte di
quella Europa unita che si conferma come non mai un punto di riferimento
essenziale : e siamo orgogliosi di avere concorso con tenacia e coerenza a
costruirla. Tuttavia, l’Italia è condizionata nelle sue scelte dal peso
dell’ingente debito pubblico accumulato nel passato, e nessuno può
dimenticarsene nell’affrontare qualsiasi problema.
Dobbiamo considerare la crisi come grande prova e occasione per aprire al
paese nuove prospettive di sviluppo, ristabilendo trasparenza e rigore
nell’uso del danaro pubblico.
E’ una grande prova e occasione non solo per l’Italia. La portata della
crisi è tale da richiedere imperiosamente il massimo sforzo di concertazione
tra i protagonisti dell’economia mondiale, per definire nuove regole capaci
di assicurare uno sviluppo sostenibile, ponendo fine alla frenesia
finanziaria che ha provocato stravolgimenti e conseguenze così gravi. Il
mondo in cui viviamo è uno, e come tale va governato.
Per l’Italia, la prova più alta – in cui si riassumono tutte le altre – è
quella della nostra capacità di unire le forze, di ritrovare quel senso di
un comune destino e quello slancio di coesione nazionale che in altri
momenti cruciali della nostra storia abbiamo saputo esprimere. Ci riuscimmo
quando dovemmo fare i conti con la terribile eredità della seconda guerra
mondiale : potemmo così ricostruire il paese, far rinascere la democrazia,
stipulare concordemente quel patto costituzionale che è ancora vivo e
operante sessant’anni dopo, creare le condizioni di quella lunga stagione di
sviluppo economico e civile che ha trasformato l’Italia. E ci riuscimmo
ancora quando più tardi sconfiggemmo il terrorismo.
Dobbiamo riuscirci anche ora, a partire dall’anno carico di incognite che ci
attende. Ed è una prova non solo per le forze politiche, anche se è
essenziale che queste escano da una logica di scontro sempre più sterile.
Esse possono guadagnare fiducia solo mostrandosi aperte all’esigenza di un
impegno comune, ed esprimendo un nuovo costume, ispirato davvero e solo
all’interesse pubblico. E’ una crisi senza precedenti come quella attuale
che chiama ormai a un serio sforzo di corresponsabilità tra maggioranza e
opposizione in Parlamento, per giungere alle riforme che già sono all’ordine
del giorno e che vanno condivise.
Tutto ciò è importante e tuttavia non basta. Sono chiamate alla prova tutte
le componenti della nostra società, l’insieme dei cittadini che ne animano
il movimento, in una parola l’intera collettività nazionale. Questo è lecito
attendersi dalle generazioni che oggi ne costituiscono la spina dorsale :
un’autentica reazione vitale come negli anni più critici per il paese.
Lo spirito del mio messaggio – italiane e italiani – corrisponde alla
missione che i padri della Costituzione vollero affidare al Presidente della
Repubblica : unire gli italiani, tenendosi fuori dalla competizione tra le
opposte parti politiche, rappresentando, col massimo scrupolo d’imparzialità
e indipendenza, i valori in cui possono riconoscersi tutti i cittadini. I
valori costituzionali, nella loro essenza ideale e morale. Il valore, sopra
ogni altro, dell’unità nazionale. I valori della libertà, dell’uguaglianza
di diritti, della solidarietà in tutte le necessarie forme ed espressioni,
del rispetto dei ruoli e delle garanzie che regolano la vita delle
istituzioni.
Sento che questo è il mio dovere, questa è la mia responsabilità. E vi
ringrazio per le manifestazioni di simpatia e di fiducia, per gli schietti e
significativi messaggi che mi giungono da tanti di voi : mi confortano e mi
spronano.
A voi che mi ascoltate, a tutti gli italiani, a tutti coloro che venendo da
lontano operano in Italia nel rispetto delle regole e meritano il pieno
rispetto dei loro diritti, un augurio più che mai caloroso e forte per
l’anno che nasce. Per difficile che possa essere, lo vivremo con animo
solidale, fermo, fiducioso.
L'opinione di Hominibus
Sconcertati dalla unanimità di consensi,
proveniente dalla solita compagnia di ventura,
a favore di una esposizione ostinatamente rintanata
a difesa di una estraneità sostanziale della sua
funzione
ai problemi che attanagliano questo povero Paese,
in balia di una banda straordinariamente 'coesa'
nell'abortire una democrazia già esanime,
Noi non possiamo partecipare al 10 e lode
di chi vuole smembrare l'Italia senza volerne uscire,
di chi gioca a nascondino o fa le corna in incontri
di Stato,
il tutto condito da ghigni , frizzi e lazzi
di irritante strafottenza,
di chi si adopera solo nel fornire una scorretta
informazione,
di chi ruba nell'amministrazione della cosa pubblica,
di chi vuole difendere falsamente i deboli.
Allora
Poiché forse può apparire più complicato
convincersi che il sistema fiscale sia disonesto,
ma molto più semplice rilevare la indubbia indegnità
di buona parte della compagine parlamentare e di
governo
chiediamo, ancora una volta, all'attuale Signore del Colle:
Il Presidente
della Repubblica Italiana
é
il palo o il
custode della Costituzione?
Non é più tempo di rimanere alla
finestra.
L'Italia rischia di rimanere un
bordello,
in cui pagherà sempre più il conto
quella povera gente che potenti,
di destra, di centro, di sinistra
"molto democraticamente"
fanno finta di difendere!
Hominibus
Movimento di
opinione per l'affermazione della democrazia reale
a difesa del 70/80%
della popolazione mondiale, vessata da legislatori e governanti
disonesti