Il confronto tv
fra Marine Le Pen ed Emmanuel Macron
(AP)
Un corpo a corpo.
Più che un confronto sui temi di
fondo, il dibattito televisivo di
ieri sera tra
Emmanuel Macron e Marine Le Pen
è stato una battaglia. Uno scontro
confuso e teso, a volte ai confini
della rissa. Che certo non è servito
ai francesi per approfondire le
proposte dei due candidati alle
presidenziali.
Da una parte la leader
dell'estrema destra, incalzante,
insistente, con qualche efficace
frase a effetto («Non faccia come il
professore e l'allievo, con me non
funziona», «La Francia sarà guidata
da una donna, o sarò io o sarà
Angela Merkel»). Dall'altra
l'esponente centrista che ha
cercato, non sempre riuscendoci, di
spiegare con calma, di non cadere
nella trappola degli slogan e delle
provocazioni – continuamente
ripetute e accompagnate da irritanti
risate - di un'avversaria
palesemente più sperimentata in
questo genere di esercizio ma spesso
eccessiva, sopra le righe.
La Le Pen – molto aggressiva,
a volte anche insultante, ai confini
della diffamazione («Mi auguro
che nei prossimi giorni non si
scopra un vostro conto alle
Bahamas») – piuttosto che parlare
del proprio programma è andata
subito all'attacco, accusando Macron
di essere «un Hollande junior, il
candidato del sistema e delle élite,
della Francia che si sottomette,
della mondializzazione selvaggia,
dei grandi interessi economici e
finanziari, con la freddezza e il
cinismo del banchiere d'affari».
Macron, facendo un evidente
sforzo per conservare il proprio
sangue freddo, ha ribattuto
rinfacciando alla Le Pen di essere
«portatrice di uno spirito di
sconfitta, di rassegnazione, di
chiusura», contrapposto allo
«spirito di conquista di un Paese
aperto al mondo». Di dire «sciocchezze
e bugie, parlando di vicende che non
conosce, di giocare sulla pelle dei
lavoratori con promesse non
sostenibili, senza proporre in
realtà nulla di concreto, di
fattibile, di credibile». Fino ad
affondare il colpo: «Siete indegna
di rappresentare le istituzioni, di
esserne garante, perché le
offendete. La Francia merita di
meglio».
Scintille ci sono state sul
tema del fondamentalismo islamico.
Con la Le Pen all'offensiva: «Siete
compiacente con il terrorismo,
sottomesso alle pressioni degli
islamisti radicali». E Macron che
contrattacca: «La guerra al
terrorismo sarà una priorità
assoluta. Il vostro obiettivo è
quello di alimentare l'odio, che
porta alla guerra civile nel Paese,
dividendo i francesi».
Scontro frontale, ovviamente,
sull'Europa. Tema sul quale i
due candidati hanno visioni
radicalmente opposte. La Le Pen ha
ribadito – in maniera un po'
pasticciata - l'obiettivo di
«sostituire l'Unione europea con un'Allenza
europea tra Stati sovrani» e
l'intenzione di ritornare a una
moneta nazionale, abbandonando
l'euro e sostituendolo con una
moneta comune per le transazioni
finanziarie sull'esempio dell'Ecu.
Macron, con una certa sufficienza,
ha ribattuto parlando di «progetto
pericoloso, che porterà alla
svalutazione e quindi alla perdita
di valore dei loro depositi per i
risparmiatori, a una caduta della
competitività», delineando uno
scenario fatto di controllo dei
capitali e di «panico bancario».
«L'euro – ha concluso Macron – ci
protegge e la Francia è sempre stata
perdente nella guerra delle valute».
I primi sondaggi a caldo
dicono che Macron è stato il più
convincente (per il 63% dei
telespettatori), dando l'impressione
di avere – nonostante l'età e la
scarsa esperienza politica – uno
“standing” presidenziale. La Le Pen
non sarebbe quindi riuscita a
recuperare almeno una parte del
distacco, apparentemente
incolmabile, in vista del
ballottaggio di domenica prossima.
Secondo le rilevazioni sulle
intenzioni di voto e sui flussi, la
partita sarebbe infatti
sostanzialmente giocata. Grazie
al fatto che Macron, in vista del
secondo turno, può contare su un
serbatoio di consensi più importante
rispetto alla sua avversaria. Che
dovrebbe consentirgli di vincere con
circa 17 milioni di voti, a fronte
dei circa 12 della Le Pen.
Per Macron l'ampiezza della
probabile vittoria è fondamentale
anche in vista delle legislative di
metà giugno e quindi della
maggioranza parlamentare sulla quale
potrà eventualmente contare. Stando
al primo sondaggio sul prossimo
appuntamento elettorale, il
movimento “En Marche!”, creato solo
un anno fa, potrebbe ottenere
249-286 deputati. Sarebbe il partito
più importante dell'Assemblée
Nationale, a un passo dalla
maggioranza assoluta (289 seggi).
La riflessione
di Hominibus
E' evidente che questi giovani politici
europei non danno grande speranza
di cambiamento dimostrando tanta
soddisfazione di stare al centro in un momento
in cui la posizione stessa denuncia
l'urgenza di concepire un nuovo modo di stare insieme,
che impone maggiore partecipazione
popolare e conseguente rivoluzione della rappresentanza.
Oggi ci sono i mezzi per realizzare
l'obiettivo che sottintende la possibilità di assicurare il rispetto
della espressione di volontà popolare
eliminando, anche totalmente, la mediazione del rappresentante,
dando, così, modo di evitare i relativi
errori di interpretazione, ed assegnando alla moderna tecnologia in
uso la funzione più qualificante poiché
permette di realizzare il sogno della partecipazione diretta alla
formazione delle leggi con conseguente
remissione delle forme di critiche verso il potere costituito,
il quale, di contro, consapevole del
controllo, metterà maggiore cura nelle proposte relative.
Intanto, anche per la Francia come per
tutto il Mondo, deve valere il solito consiglio...