Dopo Berlusconi, anche Renzi promette l’abolizione dell’imposta sulla
prima casa, la più odiata dagli italiani. Tutte le imposte hanno un
obiettivo (raccogliere gettito) e un costo (scoraggiare l’attività tassata).
A parità di gettito, l’imposta migliore è quella che scoraggia meno
l’attività soggetta ad imposizione. La Commissione Europea e la maggior
parte degli economisti preferirebbero ridurre le imposte sul lavoro, che
riducono maggiormente gli incentivi a contribuire al Prodotto interno lordo.
Infatti, l’imposta sulle abitazioni non colpisce gli incentivi di quel
79% degli italiani che ha già la prima casa. L’effetto negativo si avrà
solo sul 21% di italiani che vorrebbero comprarsela. La maggior parte di
costoro, però, non può permetterselo comunque. Quindi, l’effetto negativo è
limitato. L’imposta sul reddito, invece, riduce l’incentivo a lavorare di
tutti, producendo un effetto negativo più elevato sul Pil. Dati questi
effetti, Renzi viene accusato di aver scelto di ridurre l’imposta sulla casa
per puri motivi elettorali. Se così fosse bisognerebbe spiegare perché in
Italia tagliare l’imposta sulla casa crea maggior consenso che ridurre
l’imposta sul reddito
Il primo - banale - motivo è
che in Italia ci sono più famiglie che hanno una casa (79%) di quelle che
hanno almeno un occupato (59%). Siccome il consenso si basa sui numeri, Renzi sceglie di favorire maggiormente i proprietari di abitazioni che i
lavoratori.
Il secondo è un semplice motivo di cassa. Per data imposta, il costo
percepito da un contribuente è tanto più elevato quanto più l’imposta viene
prelevata in un momento diverso da quello del percepimento del reddito.
Durante la Seconda guerra mondiale, per aiutare lo sforzo bellico,
l’economista Milton Friedman inventò la ritenuta alla fonte per l’imposta
sul reddito. Il successo fu tale che Friedman se ne pentì: avendo creato un
modo più indolore per raccogliere le imposte si rese conto di aver favorito
l’espansione dello Stato. Se la ritenuta alla fonte è la forma più indolore
di prelievo fiscale, l’imposta sulla proprietà (quindi un’imposta che viene
pagata anche in assenza di reddito), è la più costosa. Per di più la casa è
un bene difficilmente divisibile: non è facile venderne un pezzo per pagare
le imposte. Per questo l’imposta sulla casa è la più odiata dagli italiani.
Il terzo motivo è che gli italiani non vedono la casa come un
investimento da comprare e vendere, ma come un valore da tenersi
stretto. Poco importa a un anziano, che da 40 anni vive in casa sua, che il
valore dell’abitazione sia decuplicato. Non la venderà mai e si augura che i
suoi figli facciano altrettanto. Un’imposta proporzionata al valore
dell’immobile lo costringerebbe a pagare 10 volte tanto quanto pagava
all’acquisto. Un aumento così elevato finirebbe per costringerlo a vendere
la sua abitazione.
Per finire, la maggior parte degli anziani ha pianificato la sua vita non
prevedendo un’imposta patrimoniale sulla casa. Molte vedove si trovano
con case enormi (e di grande valore) ma pensioni minime. Difficile per loro
pagare le imposte con il proprio reddito.
Queste motivazioni non alterano il fatto che una riduzione
dell’imposta sui redditi abbia un maggiore effetto espansivo sull’economia
dell’eliminazione dell’imposta sulla prima casa. Spiegano solo il perché di
tanta resistenza politica a questa seconda imposta. Suggeriscono anche una
modifica nella riscossione del tributo che potrebbe ridurre (se non
eliminare) l’opposizione al tributo stesso.
Basterebbe dare l’opzione
al proprietario di deferire il pagamento dell’imposta alla vendita
dell’abitazione o al trasferimento per successione. Per far fronte alle
esigenze di cassa del governo questo deferimento potrebbe essere offerto
tramite la Cassa Depositi e Prestiti che paga l’imposta allo stato per conto
del proprietario e nel frattempo accumula un credito ipotecario nei
confronti dell’abitazione, credito che le verrà pagato al momento della
vendita o del trasferimento ereditario. Rendere l’imposta sulla casa più
politicamente accettabile è possibile, basta volerlo.
L'opinione di Hominibus
Perché il politico si deve distinguere per il contorcimento delle meningi
pur di far tornare il conto dei possibili incantamenti presso i potenziali sostenitori,
mentre sarebbe molto semplice ragionare in termini di interessi privati e tutele da equilibrare
e correlare, che porterebbe a pensare che se hai una casa non è
giustificata la suaesenzione dalla massa dei valori imponibili per contributo a protezione?
Perché il politico deve rendersi gradevole commettendo delle elementari
forzature delle normali regole amministrative, giustificando l'imposizione sul lavoro
prestato, dove c'è uno scambio di collaborazione contro retribuzione su cui sistematicamente
si applica un prelievo forzoso, pretendendo di colpire un reddito, mentre spesso si
potrebbe trattare di una risicata copertura di spese per l'attività svolta?
Perché il politico deve immaginare il proprietario di casa alla strega di
una tartaruga nel suo carapace, difendendo il rapporto anche nel caso in cui si tratti
di abitazioni sontuose, quando sarebbe elementare riuscire ad assolvere il compito di buon
cittadino mediante semplici anticipi bancari, senza scomodare la Cassa Depositi e
Prestiti o aiuti familiari, venendo incontro a chi tira la vita con i denti?
Perché il politico, invece, non va anche lui a lavorare veramente, così
potrà provarne la fatica e la necessaria dedizione, arrivando a percepirne il grande
vantaggio che potrebbe essere realizzato a beneficio di una equilibrata coesistenza di tutti
i Cittadini con la totale esenzione fiscale e libera circolazione internazionale di tutte
le forme di ricchezza finanziaria, favorendo l'economia vitale d'impresa?
Perché il politico non si auto-retrocede nel ruolo di amministratore di
condominio, declassandosi, così, anche il trattamento retributivo con gran vantaggio
per i Cittadini, i quali sarebbero molto contenti di essere ridotti a Condomini per la semplice
scusa che potrebbero archiviare l'ingombrante rapporto Stato-Cittadino, disponendo
di un modello noto, che ha il vantaggio della semplicità gestionale?
Perché il politico non deve intuire che la cosa migliore da fare per
semplificare la partecipazione alle spese comuni indivisibili consiste nel dare pubblicità
alla ricchezza reale esistente sui territori mediante la istituzione di Borse dei cespiti fiscali per
certificare il valore corrente e favorire l'incontro di offerte di acquisto, che imporrebbero
l'adeguamento del valore imponibile o il passaggio di proprietà?
Ma, anche ...
Perché L'Espresso non si schioda dalla Sua
imparzialità e
pubblica opinione il vantaggio di una
Comunità più interattiva
e condivisibile
Insomma, ...
"Non si può risolvere un problema con
lo stesso
modo di pensare
che lo
ha creato !"
(Einstein)
E' necessario cambiare radicalmente metodo, come
è indicato
in
(in costruzione
ed in
associazione, attendendo l'occasione delle prossime
elezioni)
Hominibus propone
cose giuste, facili da fare,
sicuramente in
nome di una idea onesta
per una società del
3° Millennio.
Traduciamola in realtà!
L'ITALIA
La prima Nazione nel Mondo
con il
sistema fiscale patrimoniale,
anzi,
condominiale, e la libera circolazione
della ricchezza
finanziaria, grande risorsa sociale!
Dunque,
stare insieme, ma da pari, in un grande...
STATO CONDOMINIALE
con un
Parlamento Popolare
per consentire
finalmente la partecipazione diretta di tutti i Cittadini,
che avranno
ruolo attivo, anche amministrativo, all'insegna del binomio
...
MERCATO & FISCO PATRIMONIALE
in Italia
entro il 2020, in Europa entro
il 2030, nel Mondo entro il 2050 !
Egregi Signori, Voi che potete influenzare le coscienze,
aiutatele ad accettare il fisco condominiale che
risolve
non solo la corretta ripartizione delle spese comuni,
ma serve ad annullare il forte richiamo dei paradisi
fiscali, facili ricoveri generati dalla
connivenza,
incapacità, stupidità o arroganza politica.
Roma, 14
Ottobre 2015
Hominibus
che riconosca finalmente i diritti della maggioranza delle popolazioni mondiali,
vessate da politiche vergognosamente favorevoli alle classi benestanti, sempre peggio rappresentate