Crisi dell'Europa, Savona: "L'Italia ha
bisogno di un piano B per l'uscita dall'euro"
di Michael Pontrelli
Mario Monti nel corso del G20 in Messico ha
dichiarato che nei prossimi giorni saranno prese decisioni fondamentali
per salvare l’Eurozona. I leader politici europei continuano però ad
essere divisi sulle politiche da seguire per uscire dalla crisi. La
Germania rimane ferma nella sua richiesta di rigore finanziario ai paesi
dell’area mediterranea in difficoltà. L’intransigenza tedesca sta
alimentando nel nostro Paese la nascita di un fronte molto critico nei
confronti dell’Europa. Ieri sera l’ex presidente del Consiglio Silvio
Berlusconi ha affermato che “l’uscita dell’Italia dall’euro non sarebbe
una bestemmia”. Dichiarazioni di questo tipo hanno un fondamento o sono
solamente slogan populisti? Lo abbiamo chiesto a uno dei più autorevoli
economisti italiani, Paolo Savona, cofondatore dell’università Luiss e
ministro nel governo Ciampi negli anni ’90.
Professore, Berlusconi ipotizza
l’uscita dall’euro. Cosa ne pensa? E’ una strada realmente percorribile?
“Purtroppo l’Europa sta funzionando male. I meccanismi esistenti
avvantaggiano alcuni paesi, Germania in testa, e penalizzano altri tra
cui l’Italia. Io non penso che dobbiamo uscire dall’euro, penso però che
se non si correggono i difetti dell’Eurozona allora dobbiamo essere
pronti ad abbandonare la moneta unica perché se non lo facessimo
l’Italia andrebbe incontro ad un degrado progressivo dell’economia
analogo a quello della Grecia. Per il nostro bene dobbiamo perciò essere
pronti ad avere un piano B che preveda, appunto, l’uscita dell’euro,
basato su nuove alleanze internazionali e su una nuova politica di
gestione del debito pubblico”.
In realtà in Europa esiste un largo consenso politico sulla
necessità di cambiare i meccanismi esistenti per ridurre il rigore di
bilancio e rilanciare la crescita. L’unica che ostinatamente continua ad
opporsi a qualsiasi riforma è la Germania. Perché i partner europei non
riescono a far cambiare idea alla Merkel?
“Il cancelliere tedesco fa leva sul fatto che esistono degli accordi sul
rigore fiscale sottoscritti dagli altri capi di governo. Mi riferisco
per esempio al Fiscal compact che non è stato ancora ratificato dai
Parlamenti ma è stato firmato dai leader europei compreso il nostro
presidente del Consiglio, Mario Monti. Il problema vero però non è
cambiare la Merkel ma cambiare i tedeschi e questo è un compito molto
più arduo. In Germania l’opinione pubblica non è disposta a pagare i
debiti dei partner europei indebitati perché considera il proprio paese
più virtuoso degli altri. E questa è una valutazione culturale che la
Germania ha da secoli. Se volessimo usare un termine forte potremmo
parlare di superiorità della razza”.
Mi sembra di capire che lei non è molto
ottimista sul futuro dell’Europa.
“Non ho molta fiducia nella possibilità di
cambiare i tedeschi ma penso però che l’Europa abbia comunque un grande
potere autonomo che può ancora salvare l’euro. Questa forza è la Bce. La
Banca centrale in qualsiasi momento e indipendentemente dagli organi
politici può decidere di fornire all’economia tutta la liquidità
necessaria per salvare l’euro”.
Diversi economisti affermano però che l’Italia ha ancora molti
compiti da fare a casa prima di contare solo ed esclusivamente
sull’aiuto della Bce o della Germania. Uno di questi è la vendita
dell’immenso patrimonio pubblico che il governo ha appena avviato. Come
valuta questa operazione?
“Da sempre sostengo la necessità di cedere almeno 400 miliardi euro di
patrimonio pubblico per abbattere il rapporto debito pubblico-pil sotto
quota 100 e portarlo al livello degli altri principali partner europei.
Purtroppo però l’annuncio dell’operazione è stato fatto malissimo.
Rischiamo di sprecare uno strumento da cui possiamo effettivamente
ricavare tanto. E’ fondamentale fare una operazione che convinca il
mercato. Aggiungo inoltre che questa operazione è necessaria per non
uscire dall’euro ma anche per affrontare una eventuale uscita dalla
moneta unica”.
Il governo sta procedendo anche con
la tanto attesa spending review. Come valuta gli obiettivi di risparmio
posti dall’esecutivo?
“Sono modestissimi. Anche in questo caso sostengo da tempo la necessità
di tagliare tutte le spese pubbliche del 3%, escluso le spese sugli
interessi passivi sulle quali abbiamo dei precisi obblighi contrattuali
nei confronti dei creditori. La spending review che si sta facendo non
raggiunge neanche l’1% della spesa complessiva. E’ un solletico sotto
l’ombelico”.
Torniamo un attimo alle relazioni in ambito europeo da cui,
molto probabilmente, dipenderà il futuro dell’euro e dell’Italia. Mario
Monti su questo fronte è stato incisivo fino ad ora?
“Monti ha ristabilito il rapporto con i partner europei che per una
serie di motivi Berlusconi aveva perso. Però non credo si possa dire che
sia stato incisivo perché fino ad ora abbiamo avuto solamente maggiori
vincoli e nessuna opportunità. Ha firmato accordi, come il Fiscal
compact, che peggiorano la situazione ma che non danno nessun
vantaggio”.
Come legge il fenomeno Grillo
che ormai, secondo i sondaggi, è il secondo partito italiano?
“Grillo non sta crescendo perché ha un
programma che raccoglie il consenso dell’elettorato. Sta crescendo
perché sta raccogliendo il dissenso dei cittadini verso i partiti
politici esistenti e questo non è il modo di costruire il futuro del
Paese”.
Sul piano interno, come valuta la
politica economica del premier?
“Le rispondo come ho sempre ripetuto a Ciampi quando facevo
parte del suo esecutivo:
i governi tecnici per la democrazia sono
una iattura. Se hanno successo la gente non crede più nella democrazia
ma purtroppo la stessa regola vale anche
nel caso in cui non abbiamo successo.
Credo che questo sia lo spirito dei
cittadini italiani nei confronti del governo in questi giorni”.
20 giugno 2012
L'opinione di Hominibus
Il Prof. Paolo Savona, cofondatore
dell'Università Luiss,
dice che è necessario per l'Italia oggi
disporre di un piano B,
che preveda l'uscita dall'eurozona, giudizio
lapalissiano se si vuole
evitare di rimanere stritolati da organismi
meno accomodanti
verso usi e costumi politici ritenuti dannosi
per se ed altri.
Il Prof. Paolo Savona, cofondatore dell'Università Luiss,
anche ex-ministro del Governo Ciampi, così dimostra di
essere
fermo a visioni deprecabili anche nel 1993 e sembra di non
temere
il decorso di quasi un ventennio dalla Sua prima e
unica prova
con responsabilità amministrativa diretta come Ministro.
Il Prof. Paolo Savona, cofondatore dell'Università Luiss,
quindi, è convinto, a ragione, però, che nulla sia
cambiato nel
modo di affrontare i problemi della Comunità, in cui non
si capisce,
prima, perché è conveniente far parte di una
organizzazione
sovranazionale, dopo, non si capisce
perché uscirne.
Il Prof. Paolo Savona, cofondatore dell'Università
Luiss,
lo si deve rimproverare non perché non ha capito
prima o dopo,
ma perché non si pone il problema della vera utilità
del fare una cosa,
essendo un uomo del fare, specialmente se non si
rischia più di
quanto si ricavi a livello personale, così propone
il Piano B.
Il Prof. Paolo Savona, cofondatore
dell'Università Luiss,
anche in quella Sua impresa di formazione a
livello universitario
non si è preoccupato di stabilire gli
insegnamenti che potessero dare
una classe dirigente preparata e adeguata al
divenire del Mondo,
così, dopo venti anni, eccoLo ancora provvido di
consigli.
Il Prof. Paolo Savona, cofondatore
dell'Università Luiss,
potrebbe avere anche un Piano C, un Piano D,
..., fino al Piano Z,
però, purtroppo, tutti inutili e fuori
argomento, perché non basta avere
voglia di fare, ma bisogna fare solo l'unica
cosa giusta possibile,
che consiste nelle corrette regole dello
stare insieme.
Il Prof. Paolo Savona, cofondatore
dell'Università Luiss,
partendo dalla ovvia constatazione che
la Germania non abbia
alcuna voglia di mettere in crisi la
propria economia per condividere
i rischi delle allegre amministrazioni
dei Paesi 'PIGS', deve dire
come aiutare a diventare adulto almeno
il proprio Paese.
Il Prof. Paolo Savona, cofondatore
dell'Università Luiss,
se ponesse maggiore attenzione
all'andamento dei conti italiani,
si accorgerebbe che non è più questione
di rimanere o uscire dall'Euro,
ma di mettere la testa a posto una volta
per tutte e adottare criteri
che consentano di ridurre l'abnorme
debito pubblico.
Il Prof. Paolo Savona, cofondatore
dell'Università Luiss,
però, non può limitarsi a ripetere
quello che vuole fare il Governo,
cioè, dismettere il patrimonio dello
Stato, anche se in un momento poco
conveniente, ma deve osare di più,
se vuole rientrare nell'agone
politico, e proporre frutti
proporzionati alla lunga assenza.
Il Prof. Paolo Savona,
cofondatore dell'Università Luiss,
se riuscisse ad emendarsi dagli
studi condivisi con il Premier,
potrebbe arrivare a stupire con
la rivoluzione degli storici principi
fiscali,
e portarsi alla testa, malgrado
l'età, del movimento di opinione,
che ritiene maturi i tempi
per un fiscalità condominiale.
Il Prof. Paolo Savona,
cofondatore dell'Università Luiss,
potrebbe diventare un
gigante agli occhi del mondo intero
se
lasciasse da
parte l'insensato Piano B e si
adoperasse con la credibilità
residua di convincere i
rimasugli del potere politico
italiano ed
il Governo a puntare
nell'imposizione della vera
ricchezza.
Il Prof. Paolo Savona,
cofondatore dell'Università
Luiss,
sarebbe immediatamente
premiato da tutti gli indicatori
di borsa,
darebbe all'Italia un
primato di enorme valore morale,
mentre il Governo
Monti riceverebbe
finalmente la
spinta per intraprendere tutte
le
azioni necessarie per
la crescita, che sarebbe
irresistibile.
Il Prof. Paolo
Savona, cofondatore
dell'Università Luiss,
a Sua volta, tornerebbe
al Suo primo amore e sarebbe
impegnato
in una funzione di
grande pregio nell'immenso
lavoro di aggiornamento
dei polverosi testi di
scienze delle finanze e di
politica economica,
festeggiando con dei
grandi falò la fine di un
massacro.
Buon Lavoro, Prof. Savona,
aiuti a rompere ... gli
indugi
di questa vecchia
politica !!!
Roma, 22 Giugno
2012
Movimento di
opinione per la
costruzione di una
società onesta,
che riconosca
finalmente i diritti
della maggioranza delle
popolazioni mondiali,
vessate da politiche
vergognosamente
favorevoli alle classi
benestanti, sempre
peggio rappresentate.