Quando é troppo é
troppo, se oltre al danno c'é la beffa !
La campagna dal 9 di
agosto su giornali, radio e tv insiste sulla menzogna,
pretendendo di dare la
colpa ai contribuenti e non allo storico malgoverno dei potenti,
testardamente
avvinghiati a principi di arrogante amministrazione pubblica,
sostenuta con
la mistificazione di colpe e responsabilità.
Ma, insomma,
cosa possono fare i cittadini di questa terra,
che sono condannati ad
essere governati da una piccolissima minoranza
di individui
irresistibilmente corrotti dal potere, a cui sarebbe necessaria una lezione
di elementare
correttezza, affinché fossero posti in grado di saper percepire
i personali interessi
armonicamente con quelli dei più deboli?
La prima pulsione
suggerirebbe la risposta con atto violento,
data la testardaggine e
l'ottusità nella lunga reiterazione del comportamento,
ma é d'obbligo provare
prima a sollecitare la parte politica che si dice 'democratica',
a cui chiedere di
esprimere la sua posizione nei confronti di questo problema,
che può essere
verificato consultando la intera Popolazione.
Quindi, non limitando la
discussione dell'ambito di un partito,
ma aprendo il dibattito
attraverso tutti i vari mezzi di comunicazione di massa,
affinché possa essere
illustrata l'unica seria proposta di amministrazione pubblica,
dove finalmente si
realizzi quell'unica corretta distribuzione del carico fiscale
che tenga conto solo
della ricchezza reale alla luce del sole.
Perché l'attuale
evasione fiscale é il contraltare obbligato
della prepotenza
amministrativa pubblica, con il vezzo della finta solidarietà
al posto dei veri
diritti spettanti di chi non ha mai avuto una adeguata rappresentanza,
neppure nelle precedenti
forme di socialismo, condizionate dalla immaturità
del libero pensiero
politico ed economico di tali epoche.
Oggi siamo di fronte
alla crisi del modello amministrativo
finora adottato, a cui
si deve addebitare l'abnorme diseguaglianza generata
nella distribuzione
della ricchezza, accumulata in poche mani e protetta da un fisco
scervellato nella sua
prepotente ostinazione a incentivare la privatizzazione
del patrimonio contro
l'aggravamento dei costi di lavoro.
L'avversione alla
imposizione patrimoniale é giustificata
dalla presunta
correttezza dell'accumulo per avere pagato le dovute imposte
sui redditi ivi
investiti e, quindi, non é ammissibile il prelievo 'una tantum', a meno che
non sia inquadrata
sistematicamente nella rivoluzione dell'imposizione fiscale
a completa sostituzione
dei redditi di qualsiasi origine.