Prima le amministrative, poi la decisione delle conferenze dei capigruppo di Camera e Senato sulla verifica parlamentare chiesta dal Colle dopo l'ingresso dei nuovi sottosegretari al governo. A Camere di fatto chiuse, altra soluzione non avrebbero potuto adottare i Presidenti di Senato e Camera Renato Schifani e Gianfranco Fini, mentre a sorpresa la Lega si smarca e difende il richiamo del Colle, grata a Giorgio Napolitano che ha proprio oggi firmato i decreti attuativi sul federalismo regionale e municipale. "Riflettendoci, Napolitano ha ragione, visto che tra i nuovi sottosegretari ce ne sono alcuni che hanno votato contro il governo", si scusa con il Quirinale Umberto Bossi, dopo aver sostenuto a caldo che non fosse necessario alcun chiarimento. Anche il ministro Roberto Calderoli marca le distanze: "Certe cose non dovremmo neppure arrivare a farcele chiedere dal presidente Napolitano, ma con una
squadra vincente non ci sono timori sulla fiducia".
Silvio Berlusconi evita di affrontare di petto la questione, limitandosi a rivendicare il suo spazio di manovra e a ribadire di aver dato, con l'ingresso dei Responsabili, nuova compattezza ad un governo che, sostiene, è di fatto a sovranità limitata, almeno finché la maggioranza non riuscirà a cambiare l' architettura istituzionale. Lo stupore del premier per la mossa di Napolitano resta, nonostante la severa smentita di Palazzo Chigi sulla "vera disinformazione che si legge sui giornali odierni" quanto ai giudizi che il Cavaliere avrebbe espresso (da rilevare in merito il titolo del 'Giornale': 'Napolitano contro il governo; il comunista non ci sta''). Dato per assodato che l'unico obbligo del governo è quello di dare comunicazione alle Camere delle scelte fatte nella seduta successiva alle nomine, pare ormai altrettanto scontato che l'opposizione presenterà una mozione, ennesima occasione per sfiduciare il premier. "Il messaggio di Napolitano è inequivocabile: chiedeva che il Parlamento fosse informato. Non è assolutamente necessario che il voto ci sia, il che non vuol dire che non ci sarà", annota intanto alquanto sibillino il presidente della Camera Gianfranco Fini.
La polemica impazza, e il leader del Pd Pierluigi Bersani, dalla sua campagna elettorale in Romagna, rilancia: "Il presidente della Repubblica ha detto cose che ognuno può vedere. Ognuno può rendersi conto che non è più la maggioranza che ha vinto le elezioni: è inutile che Berlusconi racconti altro". "Ieri Napolitano ha certificato quello che noi diciamo da sempre, cioé che Berlusconi è un ribaltonista", afferma Fli con il vicepresidente Italo Bocchino, mentre con Antonio Di Pietro l'Idv chiede di aprire la crisi sostenendo che "per fortuna il Capo dello Stato è intervenuto su quell' allargamento della maggioranza che, in realtà, è solo il nome pulito che si dà alla cosa più sporca che esista in democrazia: il mercimonio, il mercato delle vacche, la peggior prostituzione politica".
Nelle loro numerose dichiarazioni, gli esponenti della maggioranza ribadiscono invece il senso della nota vergata a caldo dai capigruppo Pdl: diversi voti di fiducia, a partire da quello del 14 dicembre, hanno già chiarito il quadro politico con ripetute verifiche in Parlamento, quindi il richiamo del Colle non ha ragione di essere."Non voglio polemizzare col Presidente della Repubblica ma questo richiamo mi sembra sbagliato", riassume per tutti il coordinatore del Pdl Denis Verdini, mentre Fabrizio Cicchitto, presidente dei deputati Pdl, ricorda che "non è ancora stato annullato l'articolo della Costituzione che parla del ruolo del parlamentare senza vincolo di mandato mentre è stata del tutto rispettata la sostanziale continuità della maggioranza uscita dal voto del 2008".
Redazione Tiscali del 7/05/2011