In riferimento alla nostra denuncia dell’1 Aprile 2005, rubricata al N. 3234/05 del Registro generale, relativa alla richiesta di attenzione della Autorità giudiziaria sull’azione parlamentare in materia fiscale, desideriamo elevare una forte protesta contro la Chiesa cattolica italiana, in particolare contro la Conferenza Episcopale Italiana (C.E.I.), per i seguenti motivi:

a.      La Chiesa beneficia di un obolo sostanzioso che proviene proprio dal prelievo fiscale, praticato in modo truffaldino per il maggiore carico operato sulle fasce più deboli della popolazione;

b.      La Chiesa è un ente morale per eccellenza, che professa nel mondo intero la primaria missione di soccorso verso i più deboli e, quindi, per definizione disponibile all’ascolto;

a.      La Chiesa non dispone delle conoscenze tecniche necessarie per verificare la correttezza delle nostre affermazioni ( come ammettere di non saper fare 2+2! );

b.      La Chiesa non intende intromettersi negli affari interni dello Stato italiano.

                         A seguito di questo atteggiamento, ci sembra che sia doveroso denunciare la clamorosa discrepanza tra la professione magniloquente della missione umanitaria  e la pratica spicciola nel reperimento dei mezzi di sussistenza adottata dalla Chiesa italiana, poiché non pare di disdegnare la partecipazione alla spartizione di un bottino fraudolento, senza soverchio scrupolo, dando consistenza al sospetto di una forma di ‘compiacenza’ o ‘connivenza” di sostegno reciproco tra lo Stato italiano e l’Ente religioso, essendo entrambi, almeno, colpevoli della politica del ‘chiudere gli occhi e tirare a campare’, giustificabile, però, nei soggetti che, attanagliati veramente dal bisogno, sono costretti ad usare un basso profilo morale, ma consapevoli di non poter accusare, come da una posizione indenne, la società civile di relativismo ideologico

Insomma, la Chiesa è forse perseguibile come imbonitrice di folle fanatiche e succube?   

   Roma 23 Giugno 2005